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Elvenking – Damna

Noi di Heavyworlds.com abbiamo avuto occasione di incontrare Damna degli Elvenking prima del loro live a Modena il 21 novembre. Ecco cosa ne è uscito dalla nostra chiacchierata. Enjoy!

– Ciao Damna, benvenuto su Heavyworlds.com, come vanno le cose?

Da Dio, da Dio! (risate)

– Partiamo da “The Pagan Manifesto”. A distanza di 6 mesi, com’è stato il responso per il nuovo album?

Vabè, il responso da parte della stampa e dei fan è stato sicuramente molto positivo perché comunque abbiamo visto un sacco di belle reazioni, le date stanno andando molto bene, il pubblico ha apprezzato tantissimo. I nostri fan soprattutto hanno apprezzato molto questa nostra volontà di tornare un po’ in contatto con il sound che ci ha fatto iniziare perché comunque con questo album abbiamo voluto scrivere un disco… più che “abbiamo voluto”, insomma, c’è venuto fuori così e comunque è venuto fuori così perché avevamo davvero bisogno di tornare un po’ alle origini. Avevamo già iniziato questo discorso con “Era”, con il disco precedente, e devo che con questo abbiamo un po’ chiuso il cerchio facendo un disco che veramente ci riportasse un po’ a contatto con lo stile musicale e con i concetti che, anche per quanto riguarda i testi, ci hanno spinti a fondare questa band. Quindi i nostri fan hanno apprezzato molto questa cosa e lo stiamo vedendo proprio dal vivo. Infatti stasera non ci sarà nessuno a dimostrare questa cosa (risate). Scherzo!

– Allora, “The Pagan Manifesto” parte con “King of the Elves”, brano da 13 minuti. Cosa vi ha portato ad una scelta così coraggiosa?

Mah, in realtà questa è una canzone che avevamo in mente, cioè non questa canzone ma il tipo di canzone, scrivere una lunga canzone che racchiudesse un po’ tutte le sfaccettature del nostro sound, è una cosa che è sempre stata nelle nostre volontà sin dall’inizio. Mi ricordo proprio le prime prove in cui volevamo scrivere questo pezzo incredibile e fortunatamente non l’abbiamo fatto all’inizio perché probabilmente sarebbe uscita una cosa triste (risate).
Insomma, abbiamo aspettato il momento giusto e credo che “King of the Elves” proprio racchiuda tutta l’essenza degli Elvenking, non solo di questo disco ma proprio di tutta la nostra carriera, e anche nel testo parliamo proprio del percorso che abbiamo fatto dal primo giorno fino ad oggi, ovviamente sempre tramite metafore, ma è un pezzo che parla di noi, in tutto e per tutto. Il fatto di averlo scelto come pezzo iniziale… pura follia, insomma. (risate)

– Sempre folli, insomma. “Moonbean Stone Circle” ed “Elvenlegions” sono stati i brani scelti come apripista per l’album “The Pagan Manifesto”. Credete che abbiano qualcosa in più rispetto al resto del disco oppure volevate solo scatenare la curiosità?

Sì, probabilmente non vedevamo l’ora di dimostrare ai fan, di far ascoltare ai fan i brani che più si collegavano al discorso fatto prima, al nostro sound originario. Sicuramente “Moonbean Stone Circle” è un pezzo che proprio tocca le corde degli Elvenking dei primi anni.
Anche perché, curiosità delle curiosità, alcuni di quei pezzi, anche all’interno di tutto il disco, sono idee che abbiamo recuperato, rivisitato, ci abbiamo rilavorato sopra, ma sono idee che abbiamo recuperato riascoltando vecchie cassette, registrate durante tutto il nostro percorso.
Eravamo io ed Aydan, abbiamo tirato fuori questo vecchio stereo, inserito la cassetta e abbiamo sentito un sacco di idee che magari non erano neanche questo granché perché in fondo erano degli scarti, delle cose che avevamo deciso di non sviluppare, però ascoltando queste vecchie idee ci siamo proprio fatti influenzare da noi stessi, da quell’entusiasmo e da quella freschezza che ha ogni band appena formata e con poca esperienza alle spalle. Quindi forse quelle sono due canzoni che più hanno visto questa cosa, perciò non vedevamo l’ora di farle sentire. Soprattutto “Elvenlegions” è una canzone che abbiamo dedicato ai nostri fans perché abbiamo una fan base veramente eccezionale, che ci segue dappertutto, c’è un gruppo su internet favoloso, di persone che ci seguono dalla mattina alla sera, che scambiano idee, che veramente vivono assieme perché ci sono delle persone che stanno viaggiando dall’Olanda all’Italia… è una cosa fighissima, quindi questa è una canzone che abbiamo voluto dedicare proprio a loro.

– Il significato del titolo “The Pagan Manifesto” è chiaramente autoesplicativo, ma potete spiegare meglio per gli Elvenking cosa rappresenta il concetto di “pagano”?

Il concetto di “pagano” per noi è una cosa che, sin dall’inizio, va un po’ al di là del termine storico e religioso. Tutti conosciamo il paganesimo come una cosa più legata alla storia e alla religione. Noi, ovviamente guardando a cosa significa davvero essere pagano e a cos’era davvero essere pagani, ovvero a non professare la religione cristiana o comunque continuare a professare religioni che non fossero le “numero uno”, abbiamo voluto parlare di questa cosa vista come uno stato: l’essere diversi, l’essere non conformi a quello che la società o la religione o quello che è ci dicono di essere. Quindi per noi è stato un modo di esprimere questa cosa e di mandare un messaggio a tutti quelli che, come noi inizialmente, si sentono un po’ fuori luogo, un po’ fuori dal coro per vari motivi: perché suoniamo questo tipo di musica e siamo ancora in pochi, per le scelte che prendiamo nella nostra vita, ecc… Questa è una cosa che abbiamo portato avanti sin dall’inizio, insomma. In “The Pagan Manifesto” abbiamo, dopo un paio di dischi precedenti in cui magari non abbiamo proprio parlato molto di questa cosa che è un po’ il cuore della band, fatto proprio un manifesto, ovvero una dichiarazione definitiva di cosa voglia dire per noi essere pagani al giorno d’oggi. Una metafora, ovviamente, ma questo è quello di cui parliamo.

– “Era” e “Red Silent Tides” sono stati registrati all’estero, seguiti rispettivamente da Nino Laurenne e da Dennis Ward mentre per “The Pagan Manifesto” avete scelto di lavorare in Italia insieme a Simone Mularoni. Cosa vi ha fatto tornare a lavorare in madrepatria?

Beh, innanzitutto lavorare all’estero, con il budget adeguato, è sicuramente una cosa che può dare qualcosa in più ad una produzione, parlando proprio a livello tecnico, del sound di un disco. Sappiamo che la maggior parte degli studi di un certo livello, specializzati in questo genere musicale sono all’estero, c’è poco da fare, che siano in Germania, in Finlandia o in Svezia (il primo disco l’abbiamo fatto in Svezia, dal produttore degli “In Flames”, dei “Dark Tranquillity”, ecc…). Però una cosa che si impara è che, principalmente, senza un budget adeguato tu puoi tranquillamente andare in Svezia o in Finlandia, però avrai un prodotto adeguato alla somma che sei disposto a spendere, anche se stai lavorando con il miglior produttore al mondo. Al di là di questo, negli ultimi anni abbiamo sentito i lavori di Simone Mularoni dei Domination Studio, veramente ottimi e io ho avuto modo di lavorare con lui come corista dei Trick or Treat qualche anno fa e ho lì avuto la possibilità di conoscerlo di persona, perché a parte aver suonato con i DGM. non l’avevo conosciuto in veste di produttore e abbiamo deciso di contattare lui e di proporre a lui di fare un lavoro ad hoc su di noi e lui ha accettato di buon grado e abbiamo deciso di fare questa cosa. Quindi un po’ il fatto di essere dall’andare all’estero per poi magari non avere quello che vorremmo, un po’ spinti dalla volontà di rimanere in Italia perché insomma siamo un po’ stanchi di fare mille viaggi, in più questa volontà di Simone di lavorare con noi e di fare un lavoro come volevamo ci ha spinti ad andare da lui e siamo stra-ultra-mega contenti del lavoro che ha fatto.

– “The Pagan Manifesto” è il secondo disco con la stessa line-up. Avete trovato una giusta coesione finalmente?

Mah, pura fortuna (risate) No, abbiamo trovato una giusta coesione sì, come musicisti, soprattutto. Una volta che la line-up storica degli Elvenking si è sfaldata per motivi non personali, perché comunque ci sentiamo ancora e siamo molto vicini, ma la vita porta a fare delle scelte che inevitabilmente portano anche a rinunce, quindi i membri che se ne sono andati lo hanno dovuto fare. A quel punto abbiamo deciso di circondarci di musicisti di un certo livello, ovviamente persone con cui andiamo d’accordo, altrimenti gli Elvenking non esisterebbero, però siamo molto contenti di come sta andando proprio a livello dell’unione dei musicisti che c’è in questo momento ed è veramente una cosa rara. Quindi sì, fortunatamente stiamo continuando con gli stessi ragazzi.

– Parliamo di live: in primavera avete affrontato il tour di supporto ai Gamma Ray. Vi va di raccontare qualcosa di questa esperienza?

Mah, cosa ti devo dire? È stata un’esperienza sicuramente positiva perché al di là di tutto, lavorare con band di quel livello è sicuramente un “regalo” perché comunque quando dividi il palco con band di cui sei stato fan per tanti anni è già un traguardo, comunque una soddisfazione come musicista, come band e come persona. È andato tutto liscio e ovviamente da support band c’erano anche i Rhapsody of Fire, quindi comunque eravamo tre band con tre set diversi quindi non nascondo che non ci siano state delle difficoltà logistiche, perché comunque poi a livello umano e professionale è andato tutto da dio, non c’è nulla da dire. È stato un altro passo nel nostro percorso, quindi fighissimo. Poi Kai Hansen è un personaggio totale, quindi è stata una figata.

– Attualmente state facendo tour per l’Italia, mentre a marzo sarete in Gran Bretagna per l’Hammerfest. State programmando altre date per il futuro, magari estere?

Sì, in realtà l’agenzia sta lavorando sui festival estivi, adesso vediamo come si evolve la cosa. Al momento non abbiamo nessuna conferma a parte appunto l’Hammerfest in Inghilterra. Devo essere sincero, ci stiamo anche un po’ riposando, perché dopo tutto il tour dell’anno scorso ci siamo buttati tutti in studio, subito a scrivere musica, subito in tour con i Gamma Ray e siamo veramente non dico stanchi, ma è stata molto dura. Anche perché al di là della musica, vivendo in Italia e comunque facendo questo genere abbiamo una vita al di là della musica e al di là degli Elvenking, quindi comunque è stato molto difficile tenere tutto in equilibrio. Il fatto che quindi adesso abbiamo meno date ce lo stiamo un po’ godendo, a dire il vero, perché abbiamo veramente un po’ bisogno di ricaricare le batterie. Poi dal prossimo anno, abbiamo adesso a marzo questo festival in Inghilterra, e speriamo che arrivino conferme ulteriori per l’estate del 2015. Comunque stiamo lavorando in quel senso.

– Okay. Curiosando sul vostro sito abbiamo trovato il vostro sondaggio dedicato ai fans, per sapere le tre canzoni che avrebbero voluto ascoltare dal vivo. La “Elvenpool” comprende “Chronicles of a Frozen Era” (da “Era), “Poison Tears” (da “The Scythe”) e “White Willow” (da “Heathenreel”), praticamente tre canzoni che ricoprono interamente la vostra discografia. Siete d’accordo con la “Elvenpool” oppure avreste preferito qualche altro brano?

No, guarda, tutti i brani che volevamo suonare li avevamo già scelti noi prima, quindi abbiamo dato carta bianca ai fan. È giusto anche quello, quando i ragazzi vengono a vedere i nostri concerti è giusto che abbiano spazio anche le canzoni che vogliono sentire. Abbiamo quindi dato proprio carta bianca, abbiamo fatto scegliere 3 pezzi, abbiamo messo pressoché tutte le canzoni che abbiamo fatto, ovviamente abbiamo messo un po’ di cose infattibili proprio a livello tecnico, di base, di cori o di quello che è e loro hanno scelto quelle tre e noi siamo felici di farle. Sono tipo due canzoni, una che non abbiamo mai fatto dal vivo, l’altra tipo dieci anni fa. È stata un po’ dura in sala prove, però ci siamo.

– “The Pagan Manifesto” è il vostro ottavo disco. Se ripensate al vostro primo demo, “To Oak Woods Bestowed”, com’è cambiato il vostro approccio alla musica e, ovviamente, agli Elvenking?

Eh, che dire, è difficile questa domanda. È come guardare una foto di quando avevamo 17 anni e dire cosa è cambiato. Quasi tutto, no? Ma quasi tutto perché poi nel tuo percorso da musicista, proprio nel percorso di vita, succedono tante cose. Quindi sono quelle cose, visto che comunque siamo persone che scrivono musica e vivono la musica in base anche a quello che vivono nella vita di tutti i giorni, sono cose che ti temprano, che ti cambiano o comunque che ti fanno fare un passo avanti o indietro. Quindi diciamo che la base non è cambiata, la base è quella. Se siamo ancora qui a fare questo, con il nome Elvenking, vuol dire che comunque quella fiamma è sempre lì. Ovviamente cambiano un po’ le situazioni, le sfumature. Si cresce, quindi magari c’è anche una maggiore consapevolezza di quello che stiamo facendo, al di là dell’esperienza: magari quando avevamo 18/19 anni era tutto un po’ più istintivo, un po’ più buttato là, mentre adesso magari siamo un po’ più sul pezzo, siamo più consci, abbiamo l’esperienza, sappiamo gli errori che abbiamo fatto, quindi insomma è un po’ come nella vita di tutti i giorni.

– Bene. È tutto per ora. C’è qualcosa che vorresti dire ai tuoi fan o ai lettori di
HeavyWorlds.com?

Mah, guarda, io ringrazio chi ci conosce, chi ci ha seguito finora, ringrazio veramente tutti per il supporto immenso che ci state dando e, insomma, continuate a seguirci. Adesso saremmo un po’ in giro sui palchi, quindi se avete modo di venire a vederci, noi ci siamo. Grazie mille a voi.