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A Perfect Day – Andrea Cantarelli

Piacevolmente colpiti da “The Deafining Silence”, nuovo lavoro degli A Perfect Day, noi di Heavyworlds siamo andati a curiosare tra le novità e le aspettative del gruppo. Tra molte delucidazioni sul nuovo album e qualche considerazione più generale su musica e società, ecco a voi qui di seguito le parole di Andrea, ricche di spunti di rilessione e cariche di onestà. Buona lettura!

– Benvenuti tra noi di Heavyworlds! “The Deafening Silence” è appena uscito e ha portato una bella ventata di novità in casa A Perfect Day. Com’è stato il percorso tra i vostri primi due album?

– Grazie a voi per lo spazio che ci avete concesso! Dopo la dipartita di Roberto Tiranti non ero convinto di dare un seguito ad un album (il primo) che aveva ottenuto riscontri importanti sia tra il pubblico che tra gli addetti ai lavori. Volevo essere certo che un eventuale nuovo disco targato “A Perfect Day” potesse ricalcare gli stessi standard qualitativi. Avevo molti brani pronti dal punto di vista musicale di cui ero molto convinto, ma non ero certo di trovare un sostituto di Roberto in grado di rispettare le aspettative. Il percorso tra i primi due album è stato inizialmente molto faticoso, travagliato, incerto. Fortunatamente dopo l’arrivo di Marco e Gigi tutto è filato nel migliore dei modi ed oggi, come avete avuto modo di ascoltare, siamo di nuovo qui.

– La novità più lampante è l’arrivo di Marco Baruffetti dietro il microfono. Com’è nata la vostra collaborazione?

– Conosco Marco da molti anni, sin dai tempi del liceo. Ho sempre avuto molta stima di lui, come cantante, come chitarrista e soprattutto come persona. Gli chiesi se si sarebbe sentito di entrare a far parte del progetto e lui rispose con entusiasmo. Marco ha regalato al gruppo melodie fresche, orecchiabili ma mai banali. E’ un ottimo frontman ed un grande chitarrista. E’ avvenuto tutto, come spesso accade nelle relazioni importanti, in modo molto naturale e spontaneo. Ovviamente la dipartita di Roberto ha lasciato libero anche il ruolo di bassista; ho pensato sin da subito a Gigi Andreone. Anche lui è una “vecchia” conoscenza. E’ un bassista incredibile, con un suono davvero fantastico. Posso dire con certezza che la formazione attuale è quanto di meglio potessi sperare per la band.

– “The Deafening Silence” è caratterizzato da una grande raffinatezza ed eleganza, eppure riesce a mantenere semplicità ed immediatezza. Ci raccontate come si è sviluppato il processo creativo che ha portato alla realizzazione dell’album?

– Come avvenuto per il primo album mi sono occupato interamente della stesura della parte musicale, ad eccezione di “Angel” scritta da Marco. Ho poi lavorato intensamente con i ragazzi per fare si che semplici idee si potessero trasformare in canzoni vere e proprie. Marco ha contestualmente scritto le linee melodiche dei brani ed io infine mi sono occupato dei testi. Nessun segreto, semplicemente un ottimo lavoro di squadra.

 – Avete più volte detto che Giovanni Nebbia degli Ithil World Studio è come un quinto elemento della band, infatti la produzione del vostro disco è davvero impeccabile. Pensate che sia la chiave per scremare la moltitudine di uscite di mediocre qualità che invadono il mercato?

– Non sono mai stato dell’idea che la produzione di un disco fosse l’elemento in grado di discriminare tra un buon album ed un album mediocre. A casa ho dischi splendidi prodotti malissimo e pessimi dischi che suonano in maniera impeccabile. Sono ovviamente contento che la produzione di “The Deafening Silence” sia stata apprezzata, ma il vero valore di Giovanni sta anche e soprattutto nelle sue capacità do arrangiatore. Giovanni, come successe nel primo album, oltre ad essere un fonico davvero eccezionale, è riuscito ad aggiungere piccoli dettagli che alla fine hanno fatto la differenza. Se volessimo davvero scremare, dovremmo tornare a concentrarci sulle canzoni. Purtroppo oggi sento molti ragazzi suonare splendidamente, ma pochi in grado di scrivere qualcosa che lasci il segno. Non sta a me valutare la qualità del nostro lavoro, ma di sicuro posso dirti che il nostro sforzo è quello di scrivere brani che possano essere degni di tale nome.

 – Avete già annunciato diverse date per i prossimi mesi, quali sono le vostre aspettative per un album che sembra nato per la dimensione live?

– E’ vero. A differenza del primo album abbiamo lavorato in vista dei live. I brani sono più asciutti, più immediati, ma al contempo più vari e con molte più sfaccettature. Vogliamo suonare il più possibile. Ad oggi abbiamo pianificato 5 date, ma sono certo che ne verranno molte altre.

 – Parteciperete a qualche festival estivo? Qual è la vostra idea di questo genere di eventi? Servono davvero a far conoscere i gruppi ad un pubblico più vasto o sono più degli eventi mirati a far numero, con scarsa attenzione ai gruppi che non suonano come headliners?

– Spero davvero che il gruppo venga scelto per partecipare a qualche evento particolarmente importante, a partire dai festival estivi. Personalmente, per fare un solo esempio tra tanti,  posso dirti che 18 anni fa partecipai ad un Gods Of Metal come band di apertura con Labyrinth. Il ritorno del pubblico fu grandioso. Sono certo che se una band sa divertire il pubblico, lo farà sia come headliner che come band di apertura. Certo, il pubblico dovrebbe sfruttare queste occasioni per ascoltare band che probabilmente non avrebbe avuto l’occasione di ascoltare. Si tratta semplicemente di mettersi nella forma mentis più corretta. Wacken da questo punto di vista ha molto da insegnare. Ruotano decine e decine di band su quei palchi e il pubblico dimostra grande attenzione per tutti.

 – Che cosa proporreste ad artisti, locali e promoters, per risollevare l’interesse verso i concerti rock e metal, in particolare nel nostro paese?

– Provocatoriamente chiederei di far chiudere Internet! Onestamente non credo che il problema stia nel prezzo dei biglietti, nelle organizzazzioni a volte non impeccabili, in location poco azzeccate. Certo il tutto contribuisce ad una certa disaffezione, ma più spesso si tratta di alibi. Credo che il vero problema stia in una forma di pigrizia generale conseguente ad un surplus di informazioni provenienti dal web. Non voglio demonizzare Youtube, Facebook e quant’altro, noi per primi ne facciamo uso, ma era naturale che la possibilità di accedere così facilmente a così tanti contenuti, portasse come conseguenza il calo di pubblico ai concerti, grandi o piccoli che siano. Si tratta come sempre di dosare con coscienza quanto ci viene concesso e farne buon uso. Ai miei tempi, se volevo sentirmi vicino ai miei idoli non avevo scelta: dovevo necessariamente catapultarmi fuori di casa per assistere ad un concerto live. Oggi, se voglio scoprire quale sia la scenografia del nuovo tour dei Maiden, basta collegarsi a Youtube. Siamo tutti attori dello stesso film, ognuno con il proprio ruolo. Nessuno può de-responsabilizzarsi di fronte allo sfacelo a cui assistiamo. Se non si vendono più dischi o i concerti nei club vanno deserti è colpa di tutti. Il discorso è molto complesso, e difficile da riassumere in poche righe. In molti avranno da ridire su quanto ho scritto, ma spero che ne nasca un dibattito costruttivo.

 – C’è qualcosa che vi piacerebbe davvero dire, senza filtri, ai vostri fans? E che cosa invece sentite dire dai musicisti al loro pubblico, che proprio non condividete?

– Come dicevo prima ognuno, nel nostro ambiente, ha il proprio ruolo. Un musicista è niente senza pubblico, il pubblico non ha senso di esistere senza musicisti. Credo molto nel rispetto dei ruoli. Oggi mi sembra di vivere un mondo dove tutti siamo musicisti, fotografi, sceneggiatori e quant’altro. Ma ahimè non può essere così. Mi piacerebbe che ognuno di noi tornasse a ricoprire il proprio ruolo, dando sempre il massimo, ricreando un ambiente che vedo ogni giorno scemare verso il nulla più assoluto. Non a caso non stiamo assistendo al famoso ricambio generazionale. Le band hanno perso la capacità di scrivere musica in grado di far affezionare immediatamente i propri fans, le etichette fanno uscire ogni lavoro pur di fare due spiccioli, il pubblico preferisce stare a casa (non solo per la proposta musicale, vedere 60 persone al concerto di Geoff Tate mi ha effettivamente colpito negativamente). Così davvero non può funzionare.

 – Siamo arrivati alla fine della nostra chiacchierata, salutate i lettori di Heavyworlds come più vi piace, intanto noi vi ringraziamo moltissimo per il vostro tempo e vi aspettiamo sul palco di tantissime città italiane!

– Rinnovo i miei ringraziamenti per lo spazio che ci avere concesso. Saluto i vostri lettori con un suggerimento: tornate ad ascoltare musica, senza limitarvi a sentirla. Abbandonate per un attimo l’iPhone, Spotify , Facebook. Riscoprite la gioia di dedicare un’ora del vostro tempo a questa o quell’altra band. Abbandoniamo le sterili polemiche e torniamo a costruire, con gioia. La musica, in fondo, è proprio questo.