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Peter Tägtgren – Pain

Anni fa lessi una frase in un libro che diceva più o meno “Non potrei mai rinunciare ai nostri incontri, perché ogni volta sai insegnarmi qualcosa”…e affrettandomi sul caldo asfalto meneghino la relazione tra questa citazione e la figura del mio futuro interlocutore appare indissolubile. L’uomo in questione è Peter Tägtgren e l’occasione si chiama “Coming Home”, la nuova creatura dei suoi Pain. Peter è un’icona del metal simpatica e tranquilla, capace di avvolgerti nel suo modo di parlare diretto e pratico sul quale si rimane concentrati senza fatica, trasformando un’intervista in una chiacchierata spontanea…

 -Ciao Peter…bentornato in Italia e benvenuto su Heavyworlds.com! Come vanno queste intense giornate promozionali?

Ciao e grazie! Non mi faccio una bella dormita da un po’, ma sai, mi basta un po’ di caffè e son pronto (ride ndr). No, veramente, va tutto bene. Oggi è il giorno della release del disco (l’intervista è stata fatta il 9 settembre ndr)! E’ molto emozionante!

– Partendo dal tuo disco precedente, come hai deciso di sviluppare il sound dei Pain durante questi anni?

Volevo andare avanti rivoluzionando me stesso e non scrivendo le solite cose. Son dovuto uscire dalla mia comfort zone e ci è voluto un bel po’ per iniziare a comporre in modo diverso. Non so se si sente o meno ma per me è veramente una grande differenza questa. 

– Iniziamo a parlare della tua creatura “Coming Home” targata Pain.. ascoltando l’album e analizzandone il titolo, sembra che hai voluto rilasciare una nuova opera caleidoscopica, quindi.. com’è tornare a casa? 

Tornare a casa significa approdare in studio, sedermi e creare musica. Con Lindemann e Hypocrysy siamo più persone coinvolte nel processo creativo. Per me è importante, ogni tanto, sedermi da solo e scrivere senza chiedere a qualcuno se questo va bene o non va bene, seguendo il mio cuore esclusivamente. Per questo l’ho chiamato “Coming Home”: è veramente tornare a casa, fare un viaggio con me stesso.

– Nonostante tu sia rimasto legato al sound classico dei Pain, sembra che il songwriting di “Coming Home” sia diventato più aperto, ‘mentalmente’ parlando. Quale è stata la tua idea del nuovo album quando hai iniziato a crearlo?

La mia idea è sempre stata fare il miglior album che abbia mai fatto dall’inizio. Da lì ho provato a mettere nuovi elementi che non avevo mai messo prima, ho cercato di rendere il tutto più dinamico, parti di chitarre acustiche che non ho mai fatto prima con i Pain come ben sai.  E’ stato importante creare tutte le parti del processo creativo per poter trovare il modo di combinarle; può essere facile o difficile, e per me assemblare il tutto è stato davvero complicato.

– Canzoni come “Designed To Piss You Off” contengono alcuni richiami al rock americano, “Call Me” ha delle orchestrazioni complesse e “Black Night Satellite” è un metal moderno. Come riesci a combinare tutte queste ispirazioni ‘alla Peter Tägtgren’ quando studi il sound di un album?

Quando scrivo una canzone ed è finita dico a me stesso “ok ho scritto questo tipo di canzone, ora voglio qualcosa di diverso” e mi muovo verso una direzione diversa per la successiva. Cerco di non ripetere le cose che ci sono in una canzone nelle altre ed è per questo che in 10-11 songs sembra di esser su delle montagne russe, essendo tutte così diverse. Non volevo che le canzoni si adeguassero a vicenda, volevo che fossero proprio degli alti e bassi, a volte molto heavy, a volte drammatico, a volte malinconico. Mi piacciono gli andamenti sinusoidali (ride).

– Joakim Broden dei Sabaton è il guest in “Call Me”, un cantante che è un po’ ‘distante’ dagli stili metal che normalmente tratti. Perchè hai pensato alla sua voce durante le sessioni di “Coming Home”?

Perché nessuno l’ha mai visto cantare in questa veste, tutti sono abituati a vederlo cantare di guerra. Quindi ho pensato che fosse una buona idea fare qualcosa di diverso. 

-La copertina di “Coming Home” abbandona gli alieni e dà il benvenuto a te come ’attore principale’ in una terra deserta, vestito da astronauta. Puoi descrivere il significato della copertina?

Arte, solo arte (ride ndr). Mi piace quando le cose son sbagliate ma funzionano tra loro. Mi piaceva l’idea di indossare questa tuta spaziale in una terra deserta. Sembra strana da vedere ma nel complesso è una bella copertina.

– I testi dei Pain sono sempre di impatto, come del resto la musica, mostrando una capacità sarcastica o spiegando la stupidità umana. In alcuni casi, in verità, sembra che sia un alieno che guarda l’umanità e diventi critico. Come concepisci i testi?

Semplicemente dai pensieri nella mia testa. Quest’album non è sugli alieni o roba simile, solo “Black Night Satellite” cha questo topic. Sono rimasto affascinato dalla storia in cui, per sbaglio, mi son ritrovato e ho iniziato a leggere cose al riguardo. Era una buona storia: può essere o non essere, un totalmente si o un totalmente no, ma sempre qualcosa che ti fa pensare.

– Anche se qualcuno non vi ha visto live, il DVD “We Come In Peace” spiega abbastanza bene come la vostra musica si combini con le luci e la scenografia. Com’è lavorare alla produzione dei concerti dei vostri tour?

Stiamo lavorando sul tour che sta arrivando, abbiamo scenografie nuove, luci nuove. E’ tanto lavoro, tanti soldi ma è un extra che il pubblico si merita di vedere quando va al concerto. Voglio dare di più ai fans.

– Inizi con la musica o cerchi le idee per la produzione prima di scegliere le canzoni?

In passato sapevamo che canzoni volevamo suonare dai responsi dei fans e poi lavoramo sulle scenografie. Ora non conosciamo ancora i responsi dei fans sul nuovo disco quindi non sappiamo ancora che cosa sceglieremo. Faremo sia roba nuova che roba vecchia e le mischieremo insieme.

– Una delle caratteristiche principali degli album di Peter Tägtgren è la continua evoluzione nella produzione per dare il miglior impatto…essendo anche produttore, come bilanci il musicista con il ‘tecnico’ quando lavori a un nuovo album?

E’ una cosa ardua sai? Quando produci altre band è molto più facile. Arrivano con la musica, i musicisti, le abilità e tu devi solo spingerli a fare il meglio possibile e nelle canzoni devi dire tipo di fare 4 volte una parte invece che 8. Quando fai le cose da te devi suonare gli strumenti, prima scrivere le canzoni, devi produrle e mixarle. Ci sono più passaggi da tenere sotto controllo.

– Analizzando la tua intera carriera da produttore possiamo notare che ci sono molte band, come Dimmu Borgir o Amorphis ad esempio, che hanno scelto gli Abyss Studios per registrare il loro album. Quello che hai dato loro, in termini di suono, è noto a tutti, ma cosa mi dici riguardo a come li hai aiutati a migliorare la loro capacità di visione della loro musica?

Non so…penso che ascolto le canzoni e cerco di farle come piacciono a me, seguo il mio cuore e il mio udito e credo ai miei sensi. Spero di aiutare le band, spero che i miei gusti vadano bene; sai i gusti sono soggettivi ma per ora mi pare di aver tirato fuori il meglio da ogni band.

– L’anno scorso hai fatto parte del progetto di Lindemann con il cantante dei Rammstein, un album dolcemente bilanciato tra l’impatto marziale del combo tedesco e il tuo stile più groovy e metalmente aperto. Com’è stato lavorare con quell’artista e soprattutto pensi che ci sarà un altro capitolo in futuro?

Beh…lui ha 25 anni di esperienza alle spalle e io pure; abbiamo unito le rispettive esperienze ed è uscito fuori il tutto. Metti due pazzi in studio ed ecco cosa succede (ride). E’ uscita comunque una gran bella cosa, abbiamo passato grandi momenti, siamo ottimi amici e speriamo di poter farlo di nuovo. Ci son voluti 13 anni per fare questo disco; sai, lui è via da qualche parte, io altrove.. vediamo che succederà.

– Se qualcuno pensa a Peter Tägtgren, Hypocrisy e Pain sono i primi nomi che vengono in mente. Pensi che i tuoi progetti principali ti aiutino a bilanciare la tua creatività, soprattutto perché sono così diversi?

Si direi…con gli Hypocrisy voglio mantenere le mie radici, non cambiare molta roba. Con i Pain posso lavorare con la tecnologia, samplers e tutte queste cose, posso fare roba diversa e c’è più un aspetto da produttore, mi aiuta a mettere un piede fuori e scrivere cose diverse.

-Parlando un secondo di Hypocrisy, puoi anticiparci se ci sarà qualche news in futuro; forse un follower di “End Of Disclosure” o qualche tour?

Penso che ci sarà ma non so quando. Ma ci sarà un album…non so se tra uno, due o tre anni…ma ci sarà sicuramente.

-Ultima domanda.. Sei cresciuto nella scena metal durante gli anni 90 e sei diventato un’icona per quanto riguarda l’ambiente death/extreme. Quale potrebbe essere un tuo consiglio a una band che vuole far parte di un ambiente metal senza rimanere nell’underground?

Fidarsi del cuore, seguirlo e non mollare mai. Anche io non mollo mai, lavoro per migliorare me stesso. Se tu credi nelle cose che fai e continui a farle, migliorerai e basta.

-Ok Peter, è tutto per ora.. grazie della tua disponibilità. C’è qualcosa che vorresti aggiungere in chiusura a quest’intervista?

Godetevi il nuovo album, ci vedremo in Italia credo a marzo. Ciao ragazzi!