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BERSERKER – Alessandro Alioto

Chi l’ha dura la vince, potrebbe essere il motto di accompagnamento dell’avventura musicale dei Berserker, quartetto originario della Sicilia che fin dal 1989 lotta per la causa del metallo e solo a fine 2007 è riuscito a pubblicare il proprio disco di esordio, l’ottimo “Blood Of The Warriors”. Nelle parole del cantante/chitarrista della band, nonché compositore principale e leader del gruppo, la soddisfazione per il traguardo raggiunto e una panoramica su passato, presente e futuro della sua creatura musicale.

Quante volte in passato avete pensato di porre fine all’esistenza della band, dato che non riuscivate a trovare un contratto discografico?

Sinceramente mai. La band è parte integrante della mia esistenza. Si può senz’altro affermare che, se in principio la band viveva per me, oggi io vivo per e grazie ad essa. Nel corso degli anni il progetto si è trasformato, diventando così un elemento costante nella mia vita, una sana motivazione, che mi ha aiutato ad affrontare i momenti più bui della mia esistenza, dandomi pertanto un appiglio, un’ancora a cui aggrapparmi, e quindi un supporto dal quale trarre la giusta spinta per andare avanti.
Grazie a Berserker, inoltre, ho avuto modo di conoscere molte persone con le quali è nata una sincera amicizia, ed è stato grazie ad una di queste, in particolare grazie a Marco Matis, che siamo entrati in contatto con la My Graveyard.
Naturalmente l’attesa di un contratto discografico protrattasi per diciassette anni può, nel tempo, affievolire in parte la speranza di poter assistere alla realizzazione di un sogno. Questo però non comporta necessariamente il voler mollare tutto. Se credi in quello che fai nulla può offuscare il tuo orizzonte. Le avversità della vita sono prove, ed in quanto tali possono solo ostacolarti, crearti disagi, o al massimo ucciderti, ma se nel tuo fato è scritto che tu debba realizzare le tue speranze allora alla fine l’avrai vinta. Viceversa meglio cadere seguendo le proprie idee che lasciarsi trasportare dalla corrente. La musica è l’espressione e quindi parte di noi stessi, sia che tu l’ascolti sia che la suoni, qualunque genere o stile essa sia. Questa, a mio avviso, è sinonimo di libertà, e come quest’ultima non può e non deve essere vincolata.

Quanto materiale dei precedenti demo avete tenuto buono per il disco di esordio? Avete dovuto modificare molto quel che avevate già fatto?

In linea di massima ben poco è stato trasformato dalle linee iniziali, anzi direi quasi nulla. A parte qualche arrangiamento per il resto i brani sono rimasti come li avevo composti anni addietro. Qualche variazione l’ho fatta anche nelle liriche che prima erano troppo legate alla cronologia della saga, e se prese singolarmente non dicevano nulla, pertanto ho lavorato al fine di renderle più autonome, pur rimanendo all’interno della trama attinente alla saga. Se, comunque, i brani hanno subito poche variazioni nell’arco degli anni probabilmente questo lo si deve al fatto che fino ad oggi sono stato io l’unico compositore, questo in parte è dovuto anche ai problemi dovuti con i vari elementi che nel tempo si sono succeduti nella line-up della band. Dal 1989 ad oggi io sono l’unico elemento perdurato nel tempo, a parte naturalmente mio fratello Armando che dal 1994 è anch’esso elemento stabile della band.

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I brani del disco sono tutti di ottimo livello, l’unica pecca mi sembra la voce: avete pensato alla possibilità di avere un diverso cantante per il futuro?

Quando abbiamo registrato “Blood of the Warriors” non era passato nemmeno un anno da quando avevo subito un trapianto di rene, che peraltro inizialmente non era andato bene, tanto è vero che, per quasi un mese dopo il trapianto ho dovuto continuare a fare dialisi, pertanto non ero ancora nelle migliori condizioni per entrare in studio, inoltre come sai ad eccezione della batteria suonata da Armando, membro della band dal 1994, io ho registrato, da solo, tutti gli altri strumenti; basso, tutte le chitarre ed infine la voce. Questa non vuole essere e non è una giustificazione per le parti cantate, perché in condizioni ottimali le mie prestazioni sarebbero di poco migliori, in quanto le linee vocali dei brani in questione sono queste.
Per quel che riguarda l’impiego di un cantante, io sono favorevole, principalmente per essere più libero, in special modo nei concerti, dove sono costretto a stare vicino al microfono, e pertanto, vincolato ad esso sono pressoché limitato nei movimenti, inoltre non sarebbe male se potessi concentrarmi solo sulla chitarra. Ma ritornando al cantante, nell’arco di questi quasi vent’anni ne abbiamo provato diversi, tutti bravi, però non siamo ancora riusciti a trovarne uno stabile. Il problema principale solo le parti strumentali che abbiamo nei nostri brani, per tutti i cantanti che si sono avvicinati alla band, queste sono troppe e troppo lunghe. Io non ho problemi ad entrare in sala per comporre nuovi brani insieme agl’altri elementi del gruppo, come è giusto che sia, in modo che si possano soddisfare le esigenze di tutti, e nel contempo ognuno possa dire la sua, musicalmente parlando. Ma non sono disposto a stravolgere i brani già composti, del resto quando entrano conoscono i brani e quindi sanno a cosa vanno incontro. Tutti i centoventiquattro brani della band seguono un concept, ognuno di loro, in ogni sua singola parte anche strumentale, racconta della saga da me scritta “Difensori nel Nome di Odino”.

Le parti soliste invece sono molto buone, cosa cerchi di esprimere con esse? Quanto influiscono gli assoli al buon rendimento di una canzone?

Secondo me un brano è composto dall’insieme delle sue parti, e nessuna di queste può e deve essere considerata secondaria. Pertanto le parti soliste unitamente alle ritmiche devono creare e/o sostenere l’atmosfera del brano stesso, al fine di trascinare l’ascoltatore all’interno di quello scenario che viene, appunto, narrato dalla band. Il sound, pertanto, avvolgendo lo spettatore, fa sì che questi possa viaggiarvi con la mente al suo interno, al fine di riviverne tutte quelle emozioni che sono derivanti dal suono compatto e armonioso dato dall’insieme degli strumenti che, appunto, ne fanno parte.
Un brano si può considerare buono, dal mio punto di vista, quando riesce a trasmettere ad altre persone delle emozioni, come del resto deve fare ogni forma di espressione e quindi d’arte. Questo però non è facile, anzi tutt’altro. Basti, ad esempio, considerare i diversi gusti o i diversi punti di vista. Per quante energie tu possa investire nella tua espressività non è detto che queste possano essere ricompensate, per questo infine la cosa più importante è che innanzitutto tu creda in quello che fai, ed in esso riesca a provare soddisfazione.

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Qual è l’argomento di cui parlate più volentieri nei testi?

Tutti i brani della band fanno capo ad una saga da me scritta dal titolo “Difensori nel Nome di Odino”. Questa spazia nel tempo; partendo dalle origini il racconto giunge sino al Crepuscolo degli Dei e degli uomini. Sicché si odrà narrare di antichi luoghi, di guerrieri e di battaglie che, dai tempi più remoti, si protraggono nei secoli avvicendandosi in innumerevoli scontri in diversi luoghi. Si potrà pertanto assistere all’evolversi di antiche tribù, piuttosto che rivivere le crociate e da queste espandersi sino a giungere al Ragnarok appunto. Tutto unitamente al giuramento di fedeltà ad Odino, Baldr e Thor. Effettuato dagli eroi della saga e alla linea del fato che ne segnerà i percorsi e le gesta. Loro principale antagonista è il Dio Loki che non gli darà tregua; gli eroi dovranno imbattersi prima in scontri contro le sue armate, poi sopravvivere ai suoi inganni ed inoltre successivamente affrontare le battaglie per difendere la fede dall’espansionismo armato del cristianesimo nelle terre del Nord in Età Medievale.

C’è qualche cosa che avresti voluto curare meglio nell’album, o tutto sommato risponde all’idea che avevi del disco?

Il linea di massima il disco segue quello che è il nostro sound, sicuramente qualcosa poteva essere migliorata, ma visto e considerato il periodo e le condizioni nelle quali mi trovavo, tutto sommato no, non mi posso lamentare.

Per il prossimo album, attingerete ancora alle vecchie canzoni apparse sui demo o creerete ex novo dei nuovi pezzi?

I brani che abbiamo nel nostro repertorio e che compongono la saga sono parecchi, quindi è probabile, direi quasi certo che continueremo con questi. Ma non è detto nemmeno che vi possa essere un qualcosa di nuovo creato da tutti gl’elementi della band; fino ad oggi, infatti, sono stato io l’unico compositore all’interno del gruppo, mi piacerebbe se si riuscisse a creare un lavoro con la partecipazione di tutti i membri della line-up.

Nella recensione ho citato Omen e Iron Maiden per delineare il vostro sound, tu hai qualche idea al riguardo, magari qualche band culto degli eighties che pochi conoscono e meriterebbe una rivalutazione postuma?

Sono parecchie le bands che ascolto con piacere, alcune volte anche con nostalgia, e che pertanto in parte possono avere influenzato il sound della gruppo. Per citartene qualcuna senza troppo allargarmi ti dirò: Manilla Road, Steel Assassin, Cirith Ungol, Jag Panzer, Omen, Thunder Rider, Bathory, Attacker, Mercyful Fate, Manowar, Iron Maiden, Agent Steel, Angel Witch, Anvil, Armored Saint, Black Sabbath, Blind Guardian, Tyrant, Fifth Angel, Crimson Glory, Dark Quarterer, Crystal Phoenix, Running Wild, Cloven Hoof, Sacred Blade, Warlord, Taramis, Dammaj, Helloween, Helstar, Grave Digger, Savatage, Abattoir, Battle Bratt, Candlemass, Titan Force. Un’altra band che per me meriterebbe di essere più conosciuta sono i Ruthless, ai quali ci sentiamo molto vicini.

Che aspirazioni vorreste realizzare con la vostra musica?

Già in parte le abbiamo realizzate e le stiamo realizzando. Mi piacerebbe portare avanti il progetto, possibilmente facendo più concerti insieme ad altre bands. Comunque la mia maggiore aspirazione è suonare e poter continuare a farlo. Pertanto suoniamo e poi vediamo quello che ne esce.

C’è qualcuno del gruppo impegnato in altre bands, anche non metal?

Ognuno degl’elementi dell’attuale formazione, me compreso, è impegnato in altri progetti musicali, che spaziano dalle cover-bands a gruppi con un proprio repertorio.

imm

Quanto eravate emozionati sul palco del Play It Loud, ad aprire per tanti mostri sacri?

Direi parecchio. Per me sono stati due giorni indimenticabili. Infatti per me è iniziato Venerdi, quando sono arrivato in albergo. Lì ho subito conosciuto gl’elementi delle altre bands, ho passato tutto il pomeriggio e la serata a bere insieme agli Steel Assassin e i Manilla Road, ad eccezione di Mark Shelton che ho incontrato l’indomani. Prima di salire sul palco non stavo più nella pelle, già fuori avevo incontrato tanti appassionati del genere ed altrettanti amici che ho incontrato per la prima volta. Inoltre quando ho visto che, nonostante dovessero suonare ore dopo, gli Steel Assassin ed alcuni membri dei Manilla Road sono venuti ad assistere alla nostra esibizione è stata una grandissima ricompensa, alimentata da alcuni ragazzi, posti nelle immediate vicinanze del palco, che mentre suonavamo cantavano i nostri brani. E poi ci ha toccato il calore che i presenti ci hanno manifestato. Pensare che in quella stessa serata avrebbero suonato giganti del genere. Le emozioni provate i quei due giorni sono veramente difficili da descrivere, certo è che non le dimenticherò mai. Di tutto questo sono grato a Giuliano della My Graveyard che ha reso il tutto possibile.

Ci sono appuntamenti live che vi aspettano, magari in Germania o Grecia, che tanto apprezzano sonorità come le vostre?

Per ora stiamo valutando varie opportunità, mi piacerebbe poter fare un tour che comprenda tutta l’Europa. Ma per ora come ho detto si è nella fase di contrattazione per, chissà, rendere possibile un domani questa realizzazione.

Oltre al fatto di aver finalmente un disco sul mercato, quale pensi sia stata la soddisfazione più grossa che vi siete presi come band?

Sarei un ipocrita se ti dovessi dire che nel corso del tempo le innumerevoli vicende che hanno segnato il percorso della band sono state tutte gradevoli, ma ad ogni modo negl’anni diverse sono state le soddisfazioni riportate, e tirando le somme sono state più delle amarezze. Suonare al Play it Loud indubbiamente è stata la più grande e piacevole esperienza della band; una tripla soddisfazione se consideri che l’uscita del disco “Blood of the Warriors” è stata pochi mesi prima e che a neanche un mese dall’uscita del suddetto album abbiamo suonato al MotoRockAS dove ci siamo trovati benissimo è abbiamo avuto modo di conoscere tanta gente davvero in gamba con la quale siamo ancora in cotatto.
Infine ringraziandoti per questa intervista, colgo l’occasione per salutare i vostri lettori e tutti coloro che ci supportano e che ci hanno supportato nel corso del tempo. Grazie!