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SACRED STEEL – Gerrit Mutz

Rieccoli, i nostri ostinati true metallers di Ludwigsburg! A tre anni da “Hammer Of Destruction” i Sacred Steel tornano a disturbare il sonno di chi li vede come degli inguaribili retrogradi, mentre lo zoccolo duro dei loro adepti (tra cui mi colloco senza indugi) non può che gioire nel constatare il loro pieno stato di forma. “Carnage Victory” è un’altra mazzata sui denti di prima categoria, all’altezza di quanto fatto dai tedeschi nella loro carriera in precedenza. A condurci nei meandri del nuovo album, non poteva che essere il veterano della scena e simbolo della band, il singer Gerrit Mutz.

”Carnage Victory” è una conferma delle vostre qualità, della vostra pura attitudine heavy metal, ma mostra anche molte facce del vostro sound: US metal, classico power teutonico, epic metal, doom, speed e thrash. Ci sono altri aspetti della vostra musica che avete voluto mettere in risalto con l’ultimo disco?

Noi volevamo includere ogni aspetto dell’heavy metal che consideriamo appartenere al cosiddetto “true metal”. Secondo noi, in questa definizione può ricadere ogni cosa che sta tra il doom e il thrash, includerei perfino il death metal in questo perimetro, l’importante è che ogni tipologia di metal venga suonata al 100% della convinzione e con la massima dedizione alle radici del genere.

Questo è il secondo album con la nuova line-up, avete lavorato in maniera diversa rispetto ad “Hammer Of Destruction”?

La differenza più importante è che Jonas (il nostro nuovo chitarrista) ha avuto maggior peso nel songwriting, un fatto che ha contribuito a far divenire “Carnage Victory” molto diverso dal precedente disco. “Hammer Of Destruction” era molto diretto, in your face, una sorta di secondo debut album dopo la rinascita della band.

Qual è il significato di un titolo come “Carnage Victory”? Parlate di eventi militari, guerre, battaglie in questo disco?

Non ci sono guerre senza spargimenti di sangue e non ci può essere alcuna vittoria senza carneficine e massacri. Nessuna guerra può essere buona, pulita o giusta. La guerra deve essere evitata ad ogni costo. La title-track stessa è scritta dalla prospettiva di un soldato americano che deve difendere il proprio paese e i suoi interessi in Iraq.

Nella tracklist ci sono canzoni molto differenti tra di loro, qual è il feeling comune che collega i pezzi glu uni agli altri?

Tutti i brani sono uniti dall’assoluta e pura dedizione all’heavy metal.

Non ci sono in “Carnage Victory” tipiche doom song come “Black Church” o “Invocation Of The Nameless One”, ma ci sono momenti molto doom nella title-track, in “Denial Of Judas”, “Ceremonial Magician” Of The Left Hand Path”. Quanto contribuiscono le parti doom ad accrescere la forza emozionale dei pezzi?

Il doom è parte integrante e fondamentale dell’heavy metal. Senza il doom, l’heavy metal non avrebbe tanta anima e profondità espressiva. Ogni volta che sentiamo che una canzone avrebbe bisogno di più feeling e pesantezza, noi aggiungiamo ad essa qualcosa di doom. Il prossimo album conterrà una song molto epica, che durerà circa dieci minuti e sarà intitolata “Purgatory’s Child”.

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In “By Vengeance And Hatred We Ride” c’è un ritorno alle growling vocals, pensi di sperimentare ancora in futuro certe sonorità estreme come in “Slaughter Prophecy” e “Iron Blessing”?

“By Vengeance And Hatred We Ride” è molto thrashy, ho provato a cantare con la mia voce normale, ma non suonava abbastanza heavy. Ecco perché ho usato queste vocals più vicine al death metal in alcune parti del pezzo. Cerco semplicemente di cantare nella maniera che meglio si adatta alla canzone.

Sono molto curioso riguardo alle lyrics di “Ceremonial Magician Of The Left Hand Path”, di cosa parlano?

Il titolo è preso da un’intervista radiofonica con Jinx Dawson dei Coven, che adoro. Gli stessi testi sono abbastanza strani. Ho tramutato ogni cosa positiva in una negativa e ogni cosa negativa in positiva. E’ tutta una questione di fede e del tuo punto di vista su ciò che ritieni essere malvagio o meno…

”Metal Underground” è un inno per l’intera scena metal, quali sono le ragioni che vi hanno portato a scrivere questo anthem?

E’ più che altro un ringraziamento alla scena underground in generale. Faccio parte della scena metal da 30 anni e sono attivamente coinvolto nell’underground da 26. Quello che sono e quello che sono stato è stato inspirato dall’underground metallico. Era arrivato il momento di dire grazie a tutta la scena.

Una grande peculiarità dei Sacred Steel è, secondo me, l’estrema violenza dei riff di chitarra, poiché avete un impatto molto irruento pur rimanendo un act di heavy metal classico. E’ una dote importante secondo te, oppure non avete mai dato un particolare significato a questo aspetto?

Il vero metal deve avere delle chitarre che spaccano! Non c’è nulla che possa rivaleggiare con la pura ferocia e brutalità di una chitarra suonata con la dovuta violenza! E dato che noi abbiamo due axe-man, vogliamo mostrare il loro potenziale ai massimi livelli possibili.

Ritengo che la tua voce dia un feeling unico ai brani dei Sacred Steel, considero il tuo cantato uno dei più caratteristici e personali dell’intera scena: quanto è difficile, durante il processo di composizione, l’adattamento delle linee vocali alla musica?

Qualche volta è dura trovare una linea vocale che soddisfi sia me che gli altri membri del gruppo. Nonostante questi problemi, non mi scoraggio di certo e non smetto di cercare una soluzione al problema. Qualche volta mi sono trovato a scegliere tra 50 diverse linee vocali per un solo pezzo (“Victory Of Black Steel” su “Iron Blessing”). Quindi è difficile scegliere quale soluzione usare di volta in volta, considerato che quella prescelta sarà immortalata per l’eternità su cd ed lp.

I Sacred Steel sono una band che suona per una vera passione, non per denaro. Vorrei sapere come riuscite a organizzarvi per scrivere le canzoni, per provare tutti insieme, tutte le questioni che riguardano l’attività della band durante l’anno.

Abbiamo tutti quanti un lavoro regolare e le nostre famiglie a cui badare, così non è facile mandare avanti la band, dovendo sottostare a tutta una serie di compromessi, cambi di programma, piccoli e grandi problemi che ci si presentano regolarmente davanti. Ma tutti noi amiamo questo gruppo così tanto che tentiamo di fare del nostro meglio per mantenere viva la “bestia”, per quanto ostacoli ci si possano parare davanti sulla nostra strada. Normalmente ogni membro del gruppo scrive le strutture principali dei pezzi a casa propria e poi tiriamo fuori la versione finale insieme in sala prove.

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Quali sono, tra le band che hanno fatto la storia del genere, quelle che sopportano meglio il peso degli anni?

Credo che fra coloro che hanno sopportato meglio la prova del tempo ci siano sicuramente Iron Maiden, Slayer, Saxon e Motorhead.

Ci saranno possibilità di vedervi on-stage per un vero e proprio tour, o suonerete soltanto in qualche festival e in date singole?

Vedremo. Valuteremo attentamente ogni tour o proposta per un singolo evento e infine decideremo se questo o quel tour abbia effettivamente senso per noi. Come ho detto prima, abbiamo lavoro e famiglia che ci impegnano, perciò dobbiamo stare molto attenti a scegliere cosa possa davvero valere la pena di fare per le date dal vivo.
Vi ringrazio per l’intervista e il supporto a nome dei Sacred Steel, a presto.