Quando qualcosa viene presentato come “Lovecraftian Black Metal” – o a mio avviso, qualsiasi genere basato su letteratura specifica – sicuramente fa strizzare gli occhi. Non posso dire di aver letto molto di Lovecraft, anzi, non sono mai andato oltre qualche racconto breve e la cultura scolastica, quindi parlerò da amante della musica (o critico in questo caso), e non di letteratura.
Veniamo a noi. “The Great Old Ones”, i Grandi Antichi, già dal nome della band, si fa un chiaro riferimento all’universo lovecraftiano, e lo stesso vale per il nome dell’album “Tekeli-li”, il lamento degli Shoggoth, in particolare, quello che compare nel romanzo “Alle montagne della follia” , che è al centro della tematica di questo album.
La band tenta di non scrivere “l’ennesimo album black metal sconosciuto”, e ci riesce tramite un’attenta ricerca musicale e letteraria: tentano, invece, di trasformare il romanzo d’ispirazione in un LP musicale in tutti i sensi. Il suono è volutamente sporco, pieno, ispirato al black metal tradizionale, oserei dire quasi depressivo, con chitarre taglienti e dissonanti e ritmi molto lenti. Alle parti di vocals sporche, si alternano alle volte parti di parlato, parti di racconto, sfortunatamente in francese, che non è la lingua più adatta per un racconto horror. Ad accentuare l’effetto ansiogeno dei ritmi molto lenti e degli accordi altamente dissonanti e distorti, si aggiunge anche la divisione temporale delle tracce: sono solo 6, ma il tempo totale di riproduzione è di poco più di 53 minuti, con una media di circa 9 minuti per brano.
Brani così lunghi però sono sempre un rischio: da una parte, senza dubbio, aumentano l’ansia dell’ascoltatore e aiutano a proiettare meglio l’horror del racconto nella musica, ma dall’altra, una lunghezza spropositata può portare l’ascoltatore ad una sensazione di ripetitività, cosa che effettivamente succede a tratti in “Antarctica” e “The Elder Things”, ma non così tanto da rendere inascoltabili le tracce.
Gli ultimi due brani, “The Ascend” e “Behind The Mountains”, sono le due perle che fanno brillare questo album: il primo è un pezzo strumentale dai ritmi incalzanti, pieno di potenza e ansia opprimente allo stesso tempo, che si scioglie in una tranquilla e semplice melodia di chitarre classiche, accompagnate da archi che definiscono l’atmosfera; il secondo secondo è un brano di quasi 18 minuti di continui cambi di ritmo, da lento e cadenzato a incalzante e rapido, e atmosfera opprimente, alimentata da un basso molto definito e chitarre ronzanti in sottofondo.
Fino ad ora nessun album era riuscito a farmi sentire la pesantezza e la sensazione di “destino incombente” che si prova quando si guarda un horror, ma ascoltando dall’inizio alla fine “Tekeli-li”, per la prima volta ho sentito un groppo alla gola dovuto solo alla musica, durante la traccia finale. Un ottimo album per gli amanti del genere. Sconsigliato per i deboli di cuore o per chi cerca un suono perfettamente definito (E’ pur sempre Black Metal! What were you expecting!? ndr)