Quando ascoltai i Diabulus In Musica anni fa, mi apparsero come un clone degli Epica, voce femminile più voce growl maschile, un duetto che va tanto “di moda” nel Symphonic Metal.
Ammetto di aver trovato, comunque, i primi due dischi buoni ma senza quel qualcosa di particolare, bravi per carità, fantastica la voce, ma mancava quella “scintilla” che fa splendere una band di luce propria. Se ci pensiamo, esistono molte band symphonic metal ma le distinguiamo tutte per qualche particolarità propriamente loro, no? Chi canta in lirico, chi no, chi ha un timbro particolare e così via.
Con la opener “Et Resurrexit (Libera Me)” , veniamo cullati dalla voce di Zuberoa Aznárez e da strumenti a fiato, che a orecchio mi sembrano essere flauti, e portati in un’altra dimensione, che nella mia immaginazione coincide con qualcosa di mitologico. Ed appena piombati in questo posto sconosciuto, emerge la sensazione di conflitto, grazie all’entrata di strumenti di percussione.
Dopo questa prima traccia, ne troviamo altre sia aggressive con tanto di voce growl maschile ad accompagnare la voce di Zuberoa, come in “From The Embers“, “Spoilt Vampire” e “Healing” o addirittura la mia preferita “Mechanical Ethos“, sia più calme e tranquille, dove la voce femminile, accompagnata da strumenti a fiato e a corda, ci culla e ci tranquilizza. Parlo di brani come “Inner Force” o “Maitagarri” o “Sed Diabolus” .
Tra queste canzoni, troviamo anche delle particolarità. Primo caso, “Furia De Libertad“, duetto con Ailyn Giménez dei Sirenia, cantata interamente in spagnolo con un’intro strumentale in stile “Game Of Thrones” , dove emerge l’impeto di una battaglia da intraprendere.
L’altro caso è “Encounter at Chronos’ Maze“, duetto con Thomas Vikstrom dei Therion, una voce molto inaspettata quando sei nel bel mezzo dell’ascolto dell’album, è un brano che spacca letteralmente, dal sound tragico e drammatico creato dal connubio fra le due voci, di cui quella di Zuberoa in lirica.
La closer “Horizons” ci riporta al mondo reale, dà proprio una sensazione di viaggio, una strumentale eccezionale.
Con questo “Argia” che significa appunto “Luce”, la band ha finalmente trovato un proprio sound che finalmente li distingue, finalmente li “illumina”. Sono veramente, ma veramente, contenta poiché il potenziale già presente nei dischi precedenti, nonostante il cambio di line-up ed altre vicende che hanno dovuto attraversare sia la cantante che l’altro fondatore della band, trova finalmente sfogo: i Diabulus In Musica sono riusciti ad uscire dal tunnel dell’oscurità, emergendo in luce con questo splendido disco. Spero continuino su questa strada, davvero.