Concluso in un lasso di tempo di tre anni il ciclo composto da “The Atrocità Exhibition: Exhibit A” e “Ehxibit B: The Human Condition”, gli Exodus, leggende viventi del Thrash metal dall’ onorata carriera trentennale, aprono un nuovo capitolo del loro percorso con “Blood In, Blood Out“.
L’acclamato ritorno sulla scena musicale del gruppo californiano è accompagnato da un lavoro veloce e massacrante che non lascia un attimo di pausa all’ascoltatore, arricchito anche di collaborazioni di livello (il produttore Dan the automator per l’intro della prima traccia,il roccioso Chuck Billy dei Testament e il ritorno, dopo il primo demo rilasciato nel 82 di Kirk Hammett dei Metallica che dimostra, di ricordarsi ancora come si fa del Thrash duro e crudo) e da un songwriting ispirato a temi di politica attuale, sul potere in mano di pochi e una società corrotta e ultra consumista.
Una breve intro e via; ascoltando da subito i piedi cominciano a battere sul pavimento e ci si trova catapultati in un Mosh distruttivo con riff martellanti, sporchi e, molto elaborati, accompagnati dalla voce acida, rabbiosa e grintosa di Steve Souza.
Innumerevoli, come tradizione vuole, gli assoli di chitarra, per mezzo dei quali, diverse volte Gary Holt,l’unico membro fondatore della band rimasto, e Lee Altus battagliano, in sfide vertiginose e isteriche all’ultimo colpo.
I pezzi hanno più o meno tutti la stessa struttura; ma nonostante le canzoni non portino e non tolgano nulla rispetto a quanto prodotto dagli Exodus nel passato anche meno recente, queste sono più o meno tutte coinvolgenti; i ritornelli, come ad esempio la tracklist e “body harvest” anche al primissimo ascolto, rimangono subito nella testa dell’ascoltatore.
In conclusione, poco da dire, sicuramente questo disco è un lavoro completo e bisogna sottolineare come la vena creativa di Gary Holt e compagni sia un vero e proprio fiume in piena; “Blood In, Blood Out” non deluderà i fan del buon Thrash e degli Exodus in generale, sebbene “The atrocità “Exhibition: Exhibit A” e “Ehxibit B: The Human Condition” rimangano a livello tecnico un gradino sopra, forti anche di una produzione più curata di questo ultimo sigillo della band californiana.