Quando si diventa un colosso della musica le scelte si fanno più difficili…uno sbaglio e tutto il mondo per cui si è duramente combattuto per anni può sbriciolarsi come le mura di Gericho. Questo comporta, molte volte, scelte azzardate, musicisti e amici persi per strada e il vivere unicamente per il proprio sogno. L’unica vera spada di Damocle, oltre alla mera pecunia, è la propria autenticità.
Udo Dirkschneider sa il fatto suo da sempre…il crescente interesse che il piccolo cantante tedesco sta ridestando nell’ultimo decennio gli da ragione delle scelte, azzeccate o meno, fatte in sei lustri di vita. Nel segno della propria ricreazione, ci dona questo nuovissimo disco che gronda metal da ogni parte. Secondo capitolo con le due nuove asce che, rispetto al precedente “Steelhammer”, riescono a farsi sentire più integrate sia nel songwriting che nella modernizzazione del sound finale. Lo stile quadrato teutonico non viene mai meno, ma queste nuove dodici tracce risvegliano una anthemica vena melodica che prima appariva meno palese.
Sarà per via della produzione rotonda e pulita che permea “Decadent” di un’aurea più accattivante…i suoni sono grintosi e pieni, carichi della rotondità tipica che rende le sezioni ritmiche inarrestabili. Il mix e il master sono l’autentica ciliegina sulla torta, capaci di porre la voce granitica di mr. Dirkschneider in primo piano senza ‘tradire’ le sei corde…le performance sono limate e ben coese, dove è appagante ascoltare chitarre e batteria in simbiosi, all’apice del cosidetto ‘arrangiamento’.
E se songs come la opener “Speeder” o le più canoniche “Under Syour Skin” e “Let Me Out” vi regaleranno la tipica classe degli U.D.O., capitoli come il singolone “Decadent” o il più cadenzato “Breathless” vi daranno in pasto la bellezza delle strutture dirette e dei cori da stadio. Da applausi “House Of Fake” e “Pain” e il loro stile più ‘innovativo’, mentre con “Secrets In Paradise” e “Meaning Of Life” raggiungerete l’apice di questa nuova creatura.
Indubbiamente, “Decadent” mostra come la coppia Smirnov/Heikkinen si sia bene integrata nel sound della band dando quella ventata di freschezza che, a titolo personale, mancava in “Steelhammer”. Un disco che non tradirà i vecchi fan ma che sa guardare al futuro con un piglio accattivante.