La grazia degli accompagnamenti tastieristici limpidi e cristallini costruisce l’eternità a già partire dalla strumentale “Reincarnation“, raggiugendo però il suo massimo exploit nel primo singolo estratto “Vampire’s Love“, da cui emerge in maniera preminente un richiamo ai Muse di “Starlight” o “Neutron Star Collision”, in particolare nella costruzione delle linee vocali e nel timbro di Hyde.
Un’influenza Muse che non si allontana troppo neanche nell’utilizzo di elementi elettronici, la cui presenza è forte in “Zero” e “Get Away“. Dal punto di vista del pathos e delle emozioni, da “Vampire’s Love“, si apre un filone di suoni più scuri, ma sempre totalmente melodici, con “Ghost“, “Damned” e “Inside Myself“, che, inoltre, è l’unico brano a manifestare un background che sconfina nel sinfonico, grazie all’utilizzo di synth e orchestrazioni.
Una struttura che si articola da un Pop-Rock ad un Hard-Rock accompagna invece le restanti tracce di questo album: fresche e divertenti “Lips” e “World’s End“, più pesanti a livello strumentale “Evil” e la titletrack “Bloodsuckers“.
“Bloodsuckers” si presenta al pubblico come una produzione varia, piacevole, catchy, ascoltabile da qualsiasi tipo di orecchio; la musica scorre da inizio a fine senza intoppi, solo incappando talvolta in quell’alone di già sentito, che purtroppo è caratteristico di un genere rivisitato ampiamente in tutte le sue sfumature.