Il movimento stoner/sludge sta attraversando un fiorente momento, complice anche il risorto amore per il sound rock/blues anni 70 che da qualche anno fa innamorare mille band…come sempre, il vero biglietto da visita rimane la qualità e il modo in cui viene esposta anche se immagine e marketing provano a spingere il ‘prodotto’ qual fosse innovativo.
I The Midnight Ghost Train proprio non li ho capiti…proveniente dal sud degli States, il terzetto cerca di inserire nelle strutture dei brani quell’umidità stantia tipica della zona di provenienza, inerpicandosi su riffs triti e ritriti e propinandoceli insistentemente senza scopo. Lo stoner/sludge messo in queste undici songs prova a rendere grazie ai maestri del passato e cerca di innovarsi con sonorità più limpide, finendo per fallire in entrambe le missioni e provocando sbadigli ripetuti.
Con una produzione notevole e una cura decisamente ‘live’ nel delineare la resa finale, “Cold Was The Ground” si compone anche di un meticoloso lavoro di arrangiamento ed esecuzione, segno che ai The Midnight Ghost Train mancano soltanto delle idee vincenti. Sopra a tutti, il lavoro di Brandon Burghart dietro alle pelli appare convincente e stimolante, seguendo i canoni del genere senza strafare (cosa a dir poco rara oggigiorno).
Ma al cospetto di “Gladstone”, “One Last Shelter” e “The Little Sparrow” molti dubbi iniziano a venire a galla, soprattutto per la sensazione che la band non ce la stia mettendo tutta per farci uscire di testa. Passaggi apprezzabili in “Straight To The North” e “Twin Souls” sono riscontrabili, ma tutto il platter scivola in un anonimato inaspettato senza lasciare un minimo segno di passaggio.
In conclusione credo che alla band sia mancato un po’ di coraggio per uscire dai canoni tipici…nessuno pretende innovazione totale, ma almeno una parvenza di tentativo. Peccato perché le capacità sono notevoli.