Dall’incontro tra la sottile vocalità soprano leggero di Simona, che non soltanto nel nome e nella fisionomia, ma anche nel cantato, richiama la bellissima Simone Simons, il growl che riporta istantaneamente ad un giovane Mark Jansen, e un impianto strumentale e orchestrale degno di un lavorio di composizione firmato Tuomas Holopainen, si delineano le note di “
Atlantis“, il nuovo album dei Sinners Moon.
Nata in Slovacchia nel 2010 per mano del chitarrista e compositore LukeN, la band di Sared intraprende un percorso che non potrebbe essere più ostico: il Symphonic Metal presenta delle mura insormontabili, in parte costruite su grandi nomi, in parte dovute alla vastissima quantità di gruppi female fronted che hanno deciso di fare propria questa strada.
“Atlantis” è una produzione musicalmente impeccabile, che sebbene esordisca piuttosto in sordina, con “Inner Demons“, non esita a far sentire la sua reale essenza già qualche minuto dopo, con “Memento Mori“; è, però, praticamente priva di elementi innovativi, cosa che facilmente le attribuisce la definizione di “album per nostalgici”.
Gran parte dell’album è, per l’appunto, dominato da reminiscenze di Nightwish dei tempi di Tarja, da “Oceanborn” a “Century Child”, passando attraverso “The Phantom Agony”, firmato Epica, influenze chiaramente percepibili con “Falls Of The Neverland” o “Fly To The Moon“.
Sorprendente una collaborazione perfetta con Tony Kakko (Sonata Arctica ndr) ad abbompagnare “My Servant“, ma abbastanza inutile nel risollevare le sorti di una produzione che, fatta qualche piccola eccezione, come nel caso di “Pray For The Child“, pecca di “già sentito”.
In definitiva, impossibile muovere una critica nei confronti di una musicalità notevole e piacevolissima nel suo complesso, ma altrettanto impossibile considerare questo “Atlantis” come un album di spicco. Consigliato ai grandi cultori del genere, un pò meno a chi preferisce spaziare tra uno stile e l’altro.
