Ci sono personaggi ostinati e convinti delle proprie idee da propinarle fino in fondo…musicisti che hanno forgiato un sound riconoscibile e che sfruttano ogni uscita discografica per mettersi alla prova, per verificare lo status della propria creatività e per riuscire a convincere (soprattutto sé stessi) che la via da percorrere è ancora lunga e colma di soddisfazioni.
Zoltán Farkas è così, da sempre…fin dagli arbori della propria band, nel 1993, ha sempre provato ad innovare il groovy/thrash metal di base aggiungendo (o togliendo a volte) il background sonoro che le sue origini gli hanno lasciato in eredità. A quasi due anni dal precedente “Retribution”, il quartetto magiaro fa un salto temporale all’indietro e prova ad unire le modernizzazioni delle ultime release con quanto composto ad inizi carriera. Il risultato non è troppo avvincente e, ad essere sinceri, sembra che il mastermind ungherese sia stato guidato da un’eccessiva prudenza in fase compositiva.
La produzione è enorme e proiettata al futuro, forse la migliore usufruita in vent’anni di carriera, e sempre seguita dal fido Tue Madsen; i suoni sono granitici e possenti, carichi di rabbia ed intensità, mentre le performance ci pongono in auge un combo coeso e affilato che non cede mezzo passo. Mixing e mastering cesellano quattordici tracce dove la parola d’ordine è una sola: aggredire.
Pochi secondi di intro permettono di preparare i padoglioni auricolari: “I”, “Holocaust”, “You Can’t Get More” e “Scars” faranno la felicità dei fans più tradizionalisti, grazie a ritmiche serrate e a vocals rabbiose e violente. Cambia un poco il tema in “Aggressor” e “You Lost”, grazie a strutture più ampie, mentre con “Evil By Nature”, “Damned Nation” e “Emotionless World” troviamo le chicche del platter, grazie a un uso più dinamico delle melodie e alla presenza (in “Evil By Nature”) di George Fisher dei Cannibal Corpse. In chiusura cito anche “Memento”, strumentale enfatica messa nel finale, e “Eastside” caratterizzata da un tema melodico particolareggiato.
Tentativo riuscito a metà per Zoltán Farkas e soci; un disco che risente di un mancato coraggio esplorativo ma che non perde un grammo in potenza e immediatezza. E’ lecito comunque aspettarsi qualcosa in più da un act di questo tipo, visto soprattutto quanto propinato in passato.