Se i precedenti lavori avevano destato un alone di preoccupazione per la carriera solistica di Tarja Turunen, tutt’altro può dirsi all’uscita della nuova produzione “The Shadow Self“, non l’ombra di se stessa, come il titolo può lasciar intendere, ma la perfetta descrizione della grande carriera di una grande cantante.
La magnificenza e l’eleganza dei Nightwish rivivono ora in un album che, dalla prima all’ultima nota, emana la vera essenza di Tarja.
Opening track e primo singolo, “Innocence” è un capolavoro strumentale: una base pianistica degna della classica ottocentesca, sulla quale si incastrano meravigliosamente riff chitarristici non pesanti e una melodia vocale notevolmente catchy. “No Bitter End” si colloca sulla stessa scia accattivante della precedente, seppur con una struttura strumentale più limitata, mentre “Love To Hate” regge senza fatica il confronto musicale con la traccia d’apertura.
“Diva” ed “Eagle Eye” raccolgono quelli che possono definirsi elementi blues rock, che vengono a combinarsi con la vocalità lirica e una struttura semi-orchestrale; “Undertaker” è quanto più si avvicina al passato con i Nightwish: intenso impianto orchestrale, riff incisivi, ritmiche serrate ma non pesanti.
Simil mid-tempo per “The Living End” e “Too Many“, che svolgono egregiamente la loro funzione di filler; più pesante la struttura strumentale di “Demons In You“, il duetto con Alissa White-Gluz (Arch Enemy, ndr), quasi decontestualizzata dal resto della produzione. Non eccessivamente degna di nota “Supremacy“, cover dei Muse.
Fatta eccezione per pochi insignificanti dettagli, un album degno del nome dell’autrice che porta: “The Shadow Self” è finalmente il riflesso di Tarja Turunen.
