Il concetto di tecnica ha assunto un’ambivalenza piuttosto strana…ragionando come un ‘bambino’, più si impara e si studia e più si diventa bravi, ma in alcuni contesti moderni sembra che avere ottime capacità sia quasi denigrante o di poco conto…quello che conta è l’impatto, è vero, ma non sarà anche invidia?
Scusate l’incipit ma ad ascoltare i Replacire ci si può rendere conto di cosa voglia dire ‘estrosità’ e di come si possa imparare a governarla…dopo cinque anni di tours e festival la band del Massachussets torna sui mercati con un nuovo roboante album che sarà una vera delizia per gli amanti del death tecnico; undici nuove tracce grondanti metal estremo ricco di odio e male in cui sono innestati brevi attimi di swing/jazz che rendono il piatto meglio assimilabile.
La produzione mette in mostra gli enormi passi avanti di Eric Alper e soci anche dietro alla consolle; i suoni sono enormi e gravi, carichi di quella punta di aggressività che da maggiore tono alle composizioni, mentre le performance sono di un’invidiabile maestria, anche del buon Evan Berry che ogni tanto riesce a svincolarsi dal persistente growl in favore di un canto più enfatico. Mixing e mastering fanno quello che gli viene chiesto: rendere il tutto mostruoso.
Come per ogni album di technic death metal fare il track by track è davvero impossibile…da “Horsestance” sino a “Enough For One” gli attimi di respiro sono brevi e inquietanti, dove la sola “Reprise” concede tre minuti di break. “Cold Repeater” “Spider Song” e “Moonbred Chains” si compongono di strutture al limite del possibile e del memorizzabile, dando ai Replacire la possibilità di incantarvi stordendovi.
Un disco ‘forte’, dal gusto indubbiamente soprafino ma estremamente adatto agli amanti del genere…per tutti gli altri, come sempre, l’ascolto è consigliato; anche se dubito che con un solitario passaggio possiate capire questa meravigliosa band.