Uno dei metri di misura del valore di una band è rappresentato dal rapporto tra gli anni di carriera e il valore della discografia…se è vero che la Dea Pecunia riesce a placare anche i rapporti più burrascosi, i risultati non sono sempre eccitanti e onesti, al punto che molte volte i dischi scaturiti in certe situazioni suonano incolore. Ci vogliono rispetto e capacità di sopportazione…
I Night Ranger sono ormai in giro più di trentacinque anni e continuano a lasciare a bocca aperta…negli anni si sono concessi spazi e tempi morti per ricaricare le pile, senza forzare esageratamente la mano al proprio estro e lasciandosi andare a progetti paralleli per riprendere fiato. Nel secondo decennio del nuovo secolo hanno già dimostrato di essere tornati in pompa magna, grazie a platter di valore come “Somewhere In California” o ai live (vedesi quello per il trentacinquennale uscito lo scorso mese). “Don’t Let Up” perpetua questo mood evergreen che sembra aver avvolto i cinque componenti, suonando con una varietà stilistica davvero ispirata.
La produzione è grintosa e carica di energia, particolare che dona all’intero platter quell’aria ‘live’ che ci si deve aspettare da una band di questo calibro; i suoni sono caldi e roventi come un’auto in estate mentre le performance mostrano un act compatto e ben calibrato, dove i virtuosismi del duo Kelli/Gillis si contrappongono al lavoro lineare e preciso di Jack Blades e Kelly Keagy. Mixing e mastering permettono di mutare l’atmosfera, passando da festosa a intimista a seconda del songwriting.
E allora via, a battere il piede e a cantare appassionatamente su canzoni come “Somehow Someday” “Day And Night” e la stessa titletrack, grazie al grande hard rock che contengono…”Truth” è una song in vecchio stile mentre “Running Out Of Time” “Say What You Want” e “(Won’t Be Your) Fool Again” colpiscono grazie a strutture dirette e veraci. E se “We Can Work It Out” non colpisce particolarmente, il trio finale riassume con grande carattere le capacità dei cinque americani.
Non siamo più negli anni 80, è vero, e molti di quegli act che spopolavano ormai hanno un discreto numero di rughe sul viso…tuttavia non è così facile comporre e suonare come loro e se dopo tanto tempo continuano a realizzare dischi di questo calibro vuol dire che il posto che occupano è realmente meritato.