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STONER KEBAB – Superdoom

Il doom è un supereroe, ci dicono gli Stoner Kebab. La S maiuscola sbattuta al centro della cover dice chiaro e tondo quanto la band tenga a identificarsi pienamente al sound solcato per primi dai Black Sabbath e quindi disseminato in ogni angolo dell’universo nei decenni seguenti. Il combo italiano ha nei cromosomi suoni di chitarra intossicati da mille riverberi ed effetti e le visioni allucinate della psichedelia, oltre che un senso del ritmo da rock’n’roll sguaiato, che permette alle canzoni di stuzzicare le ambizioni morbose degli stonerofili più intransigenti, come quelle di chi adora sorbirsi un sound grasso e rumoroso, ma non può fare a meno di riff accattivanti e refrain con un minimo di respiro. Patti chiari e amicizia lunga fin dall’opener Tom Bombadil, una lenta, vaporosa altalena, costruita attorno a un riff circolare che ipnotizza nella prima parte, si apre leggermente nella seconda metà per dare spazio a un assolo drogatissimo e quindi riprende il medesimo mantra iniziale fino al termine del pezzo. Viverna pesta decisa, dissonanze e cadenze possenti si mischiano alternando frammenti abbastanza serrati e stacchi slabbrati, preda di wah-wah lisergici. Le vocals graffiano e disegnano un sabba surreale, a mano a mano arricchito da invenzioni chitarristiche surreali e deliranti. La ricerca di un suono multiforme, distorto e alienato non porta a divagazioni rumoriste, serve piuttosto a includere sfumature conturbanti in rapida successione, a shakerare incessantemente lo scheletro del pezzo, fino a stravolgerlo in un mare di follia. Impossibile non annegare in questo maelstrom di note, le strutture portanti dei brani non sono complesse, le scelte di suono finiscono però per creare una realtà parallela allucinata, accanto a quella “normale” che si avrebbe se le canzoni fossero interpretare in maniera più convenzionale. Gli abissi della follia ci appaiono ancora più foschi nei due minuti e rotti di Iron Tyrant, che estremizza le connotazioni malate della traccia precedente, puntando maggiormente sull’impatto; appena dopo, ecco la singolare cover di Astronomy Domine dei Pink Floyd. Gli Stoner Kebab la affrontano nell’italico idioma, con un risultato accostabile a una versione metallica del tradizionale sound prog rock italiano: efficace e leggermente distante dal mood dominante di “Superdoom”, Astronavi Domani è una sfida riuscita per il combo toscano.
Si riparte verso la distruzione? No, con Ibuki ci si addentra in un’atmosfera da vecchi film dell’orrore, un intro di armonica si fonde a riff arrugginiti e sintetizzatori malefici, che fanno da apripista a una sezione death-doom greve e nerissima, a sua volta doppiata da una nuova reimmersione in atmosfere orrorifiche. Da qui al massacro totale e a una chiusura d’effetto, di nuovo a base di armonica, il passo è breve; al primo impatto il brano disorienta, poi se ne capisce tutto il genio.
Più organica e lineare, New Church si avvicina alle istanze doom’n’roll dei migliori Cathedral e si candida a pezzo di più facile ascolto dell’intero lavoro, grazie a linee vocali relativamente melodiche e a una certa ricerca del momento catchy. Non mancano deviazioni drogatissime, ma credo sia ormai chiaro che gli Stoner Kebab ad esse non rinuncerebbero mai. La title-track chiude i battenti e lo fa con un corposo sunto di quanto già espresso finora, aggiungendoci la spregiudicatezza di portare su lunga durata tutti gli incubi e gli scenari deformi descritti in precedenza.
In “Superdoom” si allineano perfettamente vapori lisergici, riff mastodontici, pesantezza micidiale e dilatazioni spazio-temporali senza confini, formando un tutt’uno fascinoso e, nel campo, non facilmente superabile. Da tenere d’occhio, ora e per il futuro.

  • 9/10

  • STONER KEBAB - Superdoom

  • Tracklist

    01 - Introduction: "Let's experiment"
    02 - Pure radio cosplay
    03 - Summer of all dead soul
    04 - Cover the days like a tidal wave
    05 - Fail of the empire
    06 - The wasteland
    07 - Spiral jetty
    08 - Weight of the sun
    09 - Pure radio cosplay (reprise)
    10 - Ebb Away
    11 - The fairlight pendant
    12 - Know your honor
    13 - Rule by being just
    14 - The ship impossible
    15 - Strange epiphany
    16 - Racing and hunting


  • Lineup

    Conrad Keely - voce, chitarra, batteria, tastiere
    Jason Reece - voce, chiatarra, batteria
    Autry Fulbright - basso, voce
    Aaron Ford - batteria