Con il loro album di debutto “Gods of Vermin”, i Sons of Seasons
prendevano prepotentemente piede nella scena symphonic metal e, grazie
ad un intenso tour in veste di supporters degli olandesi Epica, si
facevano conoscere al grande pubblico. Non poche furono le critiche
mosse verso questo disco d’esordio interessante, si, ma piuttosto
anonimo e monocorde. In altre parole, un tentativo di sconvolgerci poco
riuscito. Due anni più tardi, però, i teutonici ritentano il colpaccio,
proponendoci il monumentale “MAGNISPHYRICON” una seconda release
decisamente più ambiziosa, ricca e articolata, frutto dell’impeccabile e
meticolosa ricerca stilistica di due figure chiave come Oliver Palotai
(già tastierista dei colleghi Kamelot) e Henning Basse, energico e
passionale frontman che già con i suoi ex Matalium aveva dato prova di
grande versatilità e potenza vocale.
Lo ammetto, Magnisphyricon è stato
un vero e proprio colpo di fulmine: 11 tracce concepite con sublime
abilità, arricchite da 3 intro fortemente evocativi (“Temperance”,
“Adjustement”, “Aeon”). Già dalle prime note dell’ossessiva “Bubonic
Waltz”, la tensione emotiva è tangibile. Le orchestrazioni
magistralmente arrangiate si fondono con impeccabili riffs di chitarra
dalle gradevoli tinte power, arricchiti da una performance vocale di
Mr.Basse assolutamente degna di nota. E proprio perchè questo disco ha
il preciso intento di stupire, ecco arrivare la cupa “Sanctuary”,
eseguita con una special guest d’eccezione, l’eterea Simone Simons,
bellissima e talentuosa fronwoman degli EPICA che, su misteriose note di
pianoforte dal sapore jazz, smorza i ritmi serrati dell’album e ci
permette di riprendere fiato. Non fateci troppo l’abitudine: “Casus
Belli I: Guilt’s mirror” è dietro l’angolo, e non ha pietà. Senza
dubbio, uno dei migliori pezzi dell’album, fra i piu’ “heavy” e solenni,
un crescendo costante nel quale la meravigliosa voce di Henning ci
regala le sue sfumature più devastanti trascinandoci in un vortice di
6.02 minuti dal quale difficilmente vorrete uscire.
E’ evidente dopo un
primo ascolto, come la proposta dei SOS sia assolutamente non
convenzionale, coraggiosa, efficace.Il convincente biglietto da visita
di una band che poco ha da imparare e tanto da insegnare. Un perfetto
mix fra genio e sregolatezza che di certo vi ammalierà e forse, perchè
no, vi farà venir voglia di assistere ad un loro concerto dal vivo
(credetemi, ne vale la pena).