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ZAFAKON – War as a drug

Vorrei cominciare questa recensione con un plauso agli Zafakon che, sbattendosene altamente dei rigidi dettami del music business moderno, mi hanno fatto la richiesta della recensione direttamente per mail, che secondo me è un po’ la versione moderna del glorioso tape trading. Figo. Bando alle ciance ed addentriamoci subito nella disamina di questo War as a drug (io preferisco ancora la ganja alla guerra, ma de gustibus…), primo album ufficiale per il quartetto portoricano dedito ad un bel thrash old school sporcato abbondantemente di death. Premesso che questo è un genere che indubbiamente regala molto di più dal vivo che in studio, gli Zafakon fanno il loro marcio lavoro decisamente bene e risultano interessanti. Interessanti perché, pur non spostandosi di una virgola dalle basi storiche gettate da Kreator da una parte ed Exodus e Slayer dall’altra dell’oceano, i quattro cercano di introdurre qualche spunto un po’ più moderno che dia un respiro un più ampio ai brani che compongono il disco. E allora ecco che la prima cosa che spunta è una particolare attenzione rivolta ai tempi cadenzati ed ai breakdown, ottimamente sorretti da un basso martellante e da una doppia cassa che in questi frangenti si avvicina non poco alle classiche mitragliate brutal. Nel complesso i brani sono supportati da un buon songwriting che cerca di donare varietà a strutture e forme già note attraverso parecchi cambi di tempo ed anche parzialmente di registro stilistico. A volte si ha però l’impressione che gli Zafakon buttino troppa carne al fuoco, in particolar modo con assoli estremamente lunghi che spezzano fin troppo la struttura portante del brano. Altro esperimento riuscito a metà è la prestazione canora di Marcus Veit, che finché sta su toni più bassi è anche gradevole e piacevolmente disturbante, ma a tratti si produce in screaming pericolosamente vicini al black pecoreccio che non sono la fine del mondo. Male se non malissimo invece la registrazione, che non riesce a rendere giustizia al sound dei portoricani per colpa di un piattume generale che inibisce la potenza che obiettivamente si intuisce esserci. Nonostante questi difetti da limare del buono in questo disco ce n’è parecchio, con un paio di brani in particolare davvero esaltanti: mi riferisco a “The call of winslow”, sorretta da un riff vagamente melodico davvero gustoso, e la devastante “Summoning the vortex” che vede anche la partecipazione di Joel Grind. L’impatto sicuramente c’è, niente da dire, sicuramente nel futuro con brani un po’ più compatti e registrati più professionalmente gli Zafakon esprimeranno il loro pieno potenziale da macchina tritaossa. Per ora più che sufficienti.

  • 6,5/10

  • ZAFAKON - War as a drug

  • Tracklist
    1. Intro
    2. War as a drug
    3. Fall
    4. In resistance
    5. Collateral slavery
    6. The call of Winslow
    7. Conspiracy
    8. Summoning the vortex
    9. At the mercy of fate

  • Lineup
    Marcus Veit. chitarra, voce
    Weslie J. Negrón. basso
    Rafael Romero. chitarra
    Nicolás Burgos. batteria