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Sabaton

Con “The Great War” tornano sulle scene i Sabaton, gruppo ormai di punta nel panorama power metal (e non solo) mondiale. Abbiamo colto l’occasione per incontrare Joakim Brodén, ed ecco cosa ci ha raccontato.

Ciao Joakim, come stai? Come sta andando la promozione di “The Great War”?

Ciao, molto bene, grazie; sfortunatamente sono appena arrivato epartirò stasera, quindi starò a Milano pochissimo tempo. Finora la promozione è andata molto bene. Ognuno ha opinioni diverse, ma la maggior parte sono positive. Ora però in effetti comincio a essere un po’ stanco (ride)

“The Great War” è il vostro nuovo album, incentrato come intuibile sulla prima guerra mondiale; la scelta degli argomenti da trattare ha influenzato le canzoni, o viceversa?

Abbiamo lasciato che il concept generale del disco influenzasse la musica. Di solito quando componiamo partiamo da un’idea in termini molto generici, ma non sappiamo esattamente di cosa tratterà una canzone nello specifico. In questo caso, facendo un disco sulla Grande Guerra, abbiamo iniziato a comporre basandoci sulle sensazioni, avendo in mente solo che si sarebbe trattato di brani e di storie legati a quell’argomento. Una volta creata la musica, abbiamo trovato in seguito un racconto che si abbinasse perfettamente al tema del disco e a una singola canzone in particolare, e quindi abbiamo composto i testi.

Il vostro sound  è perfettamente riconoscibile, ma c’è qualche elemento di novità, tra cui una produzione piuttosto cupa rispetto al passato…

Non vogliamo essere la band che suona sempre la stessa cosa, ma al contempo non vogliamo nemmeno essere il gruppo che stravolge il proprio sound continuamente. Le nostre radici comuni sono le stesse, il metal degli anni ’80.

Quanto a quello che dici, sì, in produzione abbiamo usato più riverbero, più delay, e in generale ogni accorgimento che potesse rendere l’atmosfera più tetra e drammatica. Voglio dire, con “Heroes” si celebravano gli eroi, e la produzione doveva essere scintillante. Qui non si celebra la Grande Guerra, si racconta una tragedia, e l’atmosfera deve essere necessariamente più cupa. Penso che sia stato fatto un ottimo lavoro al mix.

Puoi dirci qualcosa riguardo il tour di promozione al disco?

Abbiamo già annunciato date in America, Russia; nel 2020 avremo un tour europeo (che, il 28 gennaio all’Alcatraz di Milano, toccherà anche l’Italia, nda). Rispetto alla vecchia scenografia, terremo solo il carrarmato. La cosache più ci preme è capire quali canzoni del nuovo disco sono le più apprezzate per suonarle nel tour europeo. Poi, prima di salutare “The Great War”, faremo qualche data in cui suoneremo probabilmente tutto il disco, con anche vecchie canzoni che riguardano lo stesso tema, tanto non mancano (ride, nda)

Nel corso degli ultimi anni la vostra fama è aumentata esponenzialmente. Come hai vissuto questo cambiamento? Con quali pro e contro?

Beh…Possiamo finalmente pagare le tasse (ride). Molto è cambiato, fare finta che non lo sia sarebbe stupido, specialmente se consideri che cambiano molte cose anche da quando hai 19 anni a quando ne hai ben più di 30. La stessa gente che ha iniziato con me a suonare, con il sogno di diventare rock star e così via, nel 2011/12 aveva cambiato priorità: famiglia, figli, ecc. Noi abbiamo capito di avere visioni sul futuro molto differenti, ed è giusto, perché tutti col passare del tempo cambiamo. Non credo che molto sia invece  cambiato per me, perché voglio ancora fare questo mestiere a tempo pieno, ma posso dirti che la mia passione, cantare riguardo argomenti storici, è addirittura aumentata.

Cambiamo discorso e parliamo invece di “Carolus Rex”, che qualche mese fa è stato certificato quadruplo platino in Svezia. Dove credi che risiedano le ragioni del suo successo?

In Svezia ha avuto un tale successo perché lo abbiamo fatto anche in svedese. Non avrebbe mai riscosso quel successo se non avesse riguardato un tema caro alla Svezia e se non se ne fosse pubblicata anche una versione in svedese. In generale come gruppo, in tempi di crisi discografica e di continui cali di vendite, siamo riusciti negli anni paradossalmente a superarci, e nel resto del mondo “Carolus Rex” ha seguito questo corso. In Svezia, invece, forse per l’argomento molto sentito dagli svedesi, nessun nostro album ha riscosso un successo di quelle dimensioni. Abbiamo qualche disco certificato oro, e due che si stanno avvicinando al platino, ma niente di paragonabile al quadruplo platino di “Carolus Rex”!

Bene, l’intervista è terminata. Se vuoi lasciare un messaggio ai nostri lettori questo è il momento giusto!

Siete un pubblico fantastico, ma la prossima volta non siate maleducati nell’insegnarmi l’italiano! L’ultima volta che abbiamo suonato in Italia mi avete insegnato a dire praticamente solo bestemmie (ride). Comunque: gente pazza, ma un sacco di divertimento assicurato!