Si sapeva che i calderoni ‘female fronted’ e ‘symphonic’ sarebbero dilagati a macchia d’olio, generando capolavori ma altrettante nefandezze; difficile capirne il valore ad un primo approccio, specie quando un genere ammalia oltremodo, ma è un compito dovuto per non ritrovarci a spendere soldi per qualcosa che non li vale.
Gli Amberian Dawn valgono i vostri soldi? Si e no…ormai non proprio musicisti di primo pelo e finalmente forniti di una cantante dal valore soprafino, Tuomas Seppälä e soci provano a sondare dei fondali musicali più accessibili e commerciali, mantenendo sempre attiva l’eleganza caratterizzante la loro proposta; il risultato, sinceramente, appare poco maturo e sottotono, dove la sensazione è di trovarsi al cospetto di una band che ancora non ha ben delineato il percorso per far esplodere le proprie idee. Forse, anche l’inserimento di una vocalist come Capri è qualcosa che il songwriting della band deve ancora assimilare totalmente.
La produzione viaggia sulle rotte tipiche del genere: suoni pomposi oscuri e cristallini, performance atte a sorreggere l’estro melodico con relativi cori d’effetto e mixing e mastering con il solo obiettivo di porre in auge vocals e orchestrazioni al massimo volume; in effetti credo che “Innuendo” avrebbe potuto usufruire di una produzione diversa per mostrarsi ‘innovativo’ soprattutto nella parte tecnica.
Le songs si lasciano ascoltare, tra un cantato sicuro e potente e orchestrazioni sinuose; “Ladyhawk”, “The Court Of Mirror Hall” e “Rise Of The Evil” si plasmano come i capitoli più accessibili e visionari degli Amberian Dawn, capacitandosi di cori dal forte impatto. Sorprende come livello “Innuendo”, sia per le strutture impattanti che per un tiro inedito all’interno di questo platter, mentre capitoli come “Knock Knock Who’s There” e “Your Time – My Time” finiscono nel dimenticatoio senza eccessivi ripensamenti.
Per ritornare alla premessa inziale, gli Amberian Dawn sono uno di quegli act a cui è lecito dare un ascolto ma a cui approcciarsi in modo divinatorio solo se estremamente convinti. “Innuendo”, con qualcosa di diverso, avrebbe potuto essere un disco convincente e celebrato; così com’è, purtroppo no.