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ANTROPOFAGUS – Architecture of Lust

Quando la tecnica sopperisce alla mancanza di fantasia. Era difficile effetivamente aspettarsi un album innovativo ed originale dagli Antropofagus, anche perché il gruppo era stato fermo ai box per una decina d’anni prima di riformarsi con una line up completamente stravolta. I nostri, dopo uno split con altre band della scena brutal death tra cui i nostri beniamini Putridity, decidono di uscire con un album che risulta decisamente transitorio, totalmente dedito al death metal più brutale e sanguinolento, privo purtroppo di idee innovative o trascendentali dal punto di vista compositivo, ma suonato in maniera impeccabile e con la figura del chitarrista Meatgrinder, storico chitarrista della band, in grande spolvero.

Purtroppo “Architecture of lust” risulta sotto molti aspetti un’occasione mancata, anche perchè con l’inserimento di due mostri sacri quali Jacopo Rossi (Nerve, Will ‘O’ Wisp) al basso e Dave Billia (Putridity, Septical Gorge) alla batteria, la band risulta senza dubbio una delle più dotate tecnicamente di tutta la scena estrema italiana. Purtroppo l’album scorre senza lasciare particolari tracce nell’ascoltatore, se non quelle date dall’enorme tecnica e potenza messe in mostra dal quartetto, ma purtroppo raramente c’è un brano che colpisca fino in fondo. Tutto è volutamente old school, a parte la registrazione cristallina e ottimamente bilanciata tra alti e bassi. Ogni brano si snoda tra blastbeat fuoriosi, rallentamenti azzeccati quanto un po’ prevedibili che coincidono con ritornelli carichi di grove e growl potenti e marci che ci narrano di deformità e schifezze varie. A dire il vero i testi sono ispirati a Clive Barker, quindi siamo decisamente sopra la media dal punto di vista concettuale rispetto ad altre band splatter. I momenti più apprezzabili sono probabilmente quelli strumentali, non me ne voglia Tyr che sfoggia una prestazione canora di classe, ma sentire gli intrecci sonori che riescono a creare i tre musicisti è veramente un piacere. Alla fine in mezzo a una mezzoretta abbondante di mitragliate da togliere il fiato i brani che rimangono più impressi sono quelli in cui gli Antropofagus decidono un po’ di rallentare e riescono a costruire pezzi intrisi di atmosfera malata e depravata. Ad esempio “Eternity to devour” ricorda da vicino i Vomitory per l’abilità di riuscire ad intrecciare ad amalgamare velocità al fulmicotone con passaggi lenti e riflessivi atti ad enfatizzare ulteriormente la violenza a seguire. Anche un pizzico di melodia fa capolino tra le note della chitarra di Meatgrinder, che si esisbisce in un assolo che spezza un po’ con tutta la brutalità espressa in precedenza e risulta decisamente pregevole. La successiva “Sadistic illusive puritanism” rappresenta probabilmente il punto più alto dell’album: un pregevole mid-tempo in cui i riffoni si avvicinano decisamente alla scuola brutal swedish (mica agli In Flames, che avete capito!) che riesce ad espirimere tutta la sua potenza anche attraverso una melodia più accessibile. La conclusiva “Det helgerån av häxor” è un altro esperimento decisamente riuscito, sempre costruita su buone dosi di groove spezzacollo ed anche qualche inserimento elettronico che contribuisce a creare un’atmosfera asfissiante ed oppressiva ai limiti dell’umana sopportazione.

Paradossalmente i brani in cui i genovesi hanno deciso di mettere il songwriting in primo piano rispetto alla mera esibizione della tecnica sono i più riusciti. Che sia un segno su quale debba essere la strada da seguire per il quartetto? Ai posteri l’ardua sentenza, per ora “Architetcure of lust” risulta un disco decisamente appetitoso per i fan del brutal death più estremo ed oltranzista.

  • 7/10

  • ANTROPOFAGUS - Architecture of Lust

  • Tracklist

    1. Architecture of lust
    2. Sanguinis beastiae solium
    3. Demise of the carnal principle
    4. The lament configuration
    5. Exposition of deformities
    6. Eternity to devour
    7. Sadistic illusive puritanism
    8. Blessing upon my redemption
    9. Det helgerån av häxor (outro)


  • Lineup

    Tya - voce
    Meatgrinder - chitarra
    Jacopo Rossi - basso
    Davide Billia - batteria