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AQUILUS – Griseus

Quante volte capita nella vita di sentirsi toccati nel profondo, emozionati a tal punto da non riuscire quasi ad esprimere con parole quello che sta metabolizzando il nostro cervello? Vi posso assicurare che l’ascolto di Griseus mi ha scatenato più o meno le stesse sensazioni che ho avuto la prima volta che mi sono trovato davanti alla Primavera di Botticelli. Un tale senso di meraviglia, stupore, euforia che difficilmente può essere spiegato nè capito, se non da chi ha provato le stesse cose. Aquilus, al secolo Waldorf, per l’anagrafe Horace Rosenqvist, è semplicemente un genio. Non tanto per il fatto di unire black metal e sinfonia, qualche band ha costruito la propria carriera su questo connubio con esiti altalenanti, ma per come lo fa. Per immergersi nell’universo della one-man band australiana bisogna abbandonare ogni concetto di canzone finora conosciuta per riuscire a godersi al pieno ogni sua composizione in cui niente è come ci si aspetta. Il black metal è sì un punto di partenza, ma viene affiancato e spesso posto in secondo piano rispetto alle parti orchestrali, sontuose, monumentali, sognanti, evocative. E come se non bastasse il buon Waldorf riesce ad inserire anche passaggi al pianofore, fraseggi acustici di una delicatezza unica e aperture prossime al prog che ricordano un po’ gli Opeth degli esordi. Mi rendo conto che unire tutti questi elementi sembra una follia, ma Aquilus riesce a tenere saldamente in mano le redini della sua musica ed a trasformare ogni brano in una piccola suite decisamente interessante e godibile nonostante la notevole lunghezza media. Difficile (ma solo per puri motivi di tempo, il minutaggio totale si aggira sull’ora e mezzo) riuscire a godersi Griseus nella sua interezza, ma anche preso un po’ a spizzichi e bocconi rivela una profondità e un’ampiezza di respiro incredibili.  La cosa più sorprendente è il talento compositivo di Waldorf, ovvero come riesca ad unire tutti gli elementi che compongono la sua musica senza che niente appaia mai forzato o raffazzonato. Ogni brano, pur mantenendo molti punti in comune con gli altri, rappresenta una storia a sè per il modo in cui gli elementi che lo contraddistinguono vengono piazzati: a volte una canzone parte con l’intensità del black metal per poi sfociare nella parte orchestrale attraverso un bridge acustico tendente al prog, mentre altre le sfuriate arrivano nella parte centrale per sancire il massimo della tensione e del climax. Niente è prevedibile ed ogni ascolto aggiunge tasselli ed emozioni nuove a Griseus. In un mondo perfetto Horace Rosenqvist sarebbe (anche) uno dei più apprezzati e stimati compositori di colonne sonore, magari per registi del calibro di Gaspar Noé per le parti più visionarie e, soprattutto, James Cameron per quelle orchestrali. L’incredibile uso dei violini di Aquilus, strumento che riesce ad essere dolce in certi frangenti e incredibilmente epico e galvanizzante in altri, si presterebbe benissimo alle opere del cineasta canadese, abilissimo ad fondere le sue immagini più forti a colonne sonore fortemente evocative.

Griseus è un album che consiglio veramente a chiunque ami la musica, anzi dico di più: dovrebbe essere studiato alle superiori insieme ad Heritage degli Opeth per far comprendere a tutti quali vette si possono toccare nel metal. Non succederà mai, ma sognare non costa nulla. L’unica cosa che mi impedisce di dare il massimo dei voti sono le parti di pianoforte un po’ troppo scolastiche e poco profonde. Per tutto il resto un album immenso.

  • 9,5/10

  • AQUILUS - Griseus

  • Tracklist
    1. Nihil
    2. Loss
    3. Smokefall
    4. In lands of ashes
    5. Latent Thistle
    6. Arboreal sleep
    7. The fawn
    8. Night bell

  • Lineup

    Waldorf. tutti gli strumenti, voce