Quando si pensa alla parola autunno, il primo collegamento naturale è quello con la stagione: il freddo tipico dei mesi autunnali, le foglie che cadono e quella malinconia un po’ decadente che mesi come Ottobre e Novembre risvegliano negli animi più sensibili. Ed è proprio in questo periodo dell’anno che fa capolino sul mercato musicale “Cold Comfort”, quinta fatica della band olandese Autumn.
Dopo l’uscita di “Altitude”, con cui avevamo già imparato ad apprezzare le doti canore della singer Marjan Welman, gli Autumn decidono di proporre un nuovo lavoro, dove le melodie cullanti sono l’elemento chiave anche grazie alla coloritura retrò dei suoni. Cold Comfort si presenta come un album malinconico, trasparente, dai testi mai troppo sdolcinati o melensi. È un album caratterizzato da sonorità atmosferiche, hard rock e, perché no, anche gothicheggianti, come dimostrato da tracce quali “The Scarecrow” (primo singolo estratto e da cui è anche stato registrato un videoclip, ndr), canzone introdotta da riff di chitarre melodiche, che mostra già da un primo momento il caratteristico timbro vocale della singer Marjan Welman, malinconico e versatile, che trasporta l’ascoltatore sin dalle prime note, riportandolo con la mente a uno scenario tipicamente autunnale, “Black Stars In A Blue Sky”, dove la Marjan fa sfoggio di tutte le sue qualità canore e, ancora, “Alloy”, uno dei pezzi forti dell’album, introdotto dalle dolci note di un pianoforte e dalle chiare venature atmosferiche, che sottolinea ulteriormente come la voce della cantante olandese, perfetta per il ruolo di lead singer, riesca a dare quel tocco di malinconia, tristezza e dolcezza.
Andando avanti, troviamo pezzi come “Cold Comfort”, title-track dell’album, caratterizzata dal cantato caldo e potente della singer, “Retrospect”, “End Of Sorrow”, altro brano dal testo incantevolmente romantico e speranzoso (degna di nota la strofa “I breathe, and I am right at your doorstep, thoughts are drifting to another time, I dream we are the last couple dancing, let me be the one to hold your hand, you’ll see what I will hold on forever… or at least I’ll try”, ndr). Si va avanti con “Naeon”, traccia un po’ complessa, dai suoni elettronici con vaghi richiami a musicalità degli anni ‘80 e a sonorità del precedente album, “Truth be Told (Exhale)”, una canzone dalle venature anch’esse tristi e malinconiche ma che rivela una novità: l’elemento jazz e “The Venamoured”, ultima traccia che conclude questo album, dove la cantante fa sfoggio della sua competenza nel gestire le linee vocali, accompagnata dal collega Mats van Der Valk.
Speravo, con questo album, di aver finalmente trovato il salto di qualità di una band che potrebbe avere tutte le carte in regola per offrire al pubblico qualcosa di grandioso e, invece, non posso dire di essere rimasta completamente soddisfatta. Un disco di per sé non eccellente ma sufficiente, che ha bisogno di svariati ascolti per essere totalmente capito e assimilato, nonostante la band abbia tentato a ricercare un sound più complesso,sicuramente ricercato e voluto, il lavoro manca un po’ di quella incisività e di quella carica che possano davvero colpire l’ascoltatore al 100%. Vedremo che cosa ci riserverà il futuro.