Dopo 5 anni fuori dallo studio, un periodo pieno di difficoltà, in cui al frontman storico Negral è stata diagnosticata la leucemia, ora combattuta e sconfitta, i Behemoth tornano con un nuovo album: The Satanist.
Si parte con “Blow your trumpets, Gabriel”, che può essere considerata “l’annunciazione” di ciò che seguirà. Con ritmo cadenzato e riff di chitarra ripetuti insistentemente, insieme con la voce di Negral, si crea un’atmosfera oscura, pesante che scoppia molto energica nella seconda parte, dove prevale il blast-beat di batteria. Continua lo sfogo di energia violenta anche in “Furor Divinus”, che, come il titolo suggerisce è rabbia cruda di una qualche oscura divinità, con uno stile analogo a quello appena descritto.
In “Messe Noire” si sente un ritorno alle sonorità tipicamente Black, con un dualismo tra caos e ordine, o meglio violenza dissonante e ricercatezza melodica, tant’è che la traccia si chiude con un capolavoro di assolo di chitarra.
Immancabile una preghiera oscura a Lucifero, “Ora Pro Nobis Lucifer”, e come tale essa è un miscuglio di maestosità, energia e rabbia tutto amalgamato da ritmi incalzanti, riff veloci e accordi dissonanti che sul finale si vanno dissolvendo in arpeggi distorti e basso come leader.
Parte “Amen” e … “WOAH!”, un’esplosione di energia, blast-beat e riff veloci e voce oscura di Negral che trasuda rabbia e potenza. Di gran lunga la traccia più distruttiva dell’album. Con “Amen” sembra concludersi il momento della violenza oscura e dare inizio ad una seconda parte dell’album, molto più raffinata e matura, musicalmente più ricercata, con molti più elementi che ricordano le sonorità Black Ambient, con più melodie e ritmi pacati, nonostante il blast-beat sempre ben integrato nei brani: sto parlando di “The Satanist”, la traccia che dà il nome all’album, e “Ben Sahar”, i brani più melodici dell’album, in cui si nota una certa vena Progressive.
Perla inaspettata è “In The Absence Ov Light”: torna l’energia distruttiva, ma non con le caratteristiche della prima parte dell’album. Interessante la parte melodica centrale, con chitarre acustiche, parlato in polacco, e un sassofono in lontananza. Una ricercatezza musicale incredibile, ma allo stesso tempo, un’atmosfera degna del black più scuro.
L’album si conclude con un vero e proprio capolavoro musicale: “O Father O Satan O Sun”. In poco più di 7 minuti i Behemoth riescono a concentrare tutta la loro ventennale esperienza musicale. La traccia inizia con accordi dissonanti e cori di sottofondo per lasciare lo spazio ad un basso possente e ad un coro magnificente che fa da backing alla voce di Negral. E dunque anche le chitarre fanno la loro parte con assoli classici rockeggianti e accordi armonici. Ben presenti anche gli arrangiamenti orchestrali e parlato. Una canzone veramente epica che riesce a dare quella sensazione di chiusura catartica che ogni ascoltatore ricerca in un album simile.
Cosa si può criticare a questo album? Niente.
Dopo averlo ascoltato più volte, la sensazione è sempre la stessa: un percorso musicale catartico, ben costruito, tecnicamente perfetto, pieno di energia e potenza distruttiva ma allo stesso tempo profondamente tranquillizzante.
Con “The Satanist” i Behemoth hanno superato ogni aspettativa con una ricercatezza musicale che eclissa la “concorrenza” nel settore, superando anche i propri precedenti lavori (anche essi eccellenti) come “Evangelion” e “The Apostasy”. Forse potranno perdere qualche fan più purista Black Metal, ma sicuramente ne acquisteranno molti altri. Ottimo lavoro!