Una sorpresa che arriva a ben undici anni dall’ultima release “Sunless Days“, non senza porte chiuse e capitoli lasciati alle spalle, quando aspettarla sarebbe stata una scommessa già persa in partenza: con “My Darkness, Darkness“, i Beseech tornano sulla scena musicale sotto una nuova veste.
Scioltasi nel 2006, la band svedese, risorge dalle sue ceneri, alla fine del 2013, con un cambio di line-up che vede l’entrata nel gruppo della nuovissima cantante Angelina
Sahlgren Söder che, insieme al bassista Johan Örnborg e al batterista Håkan Carlsson, si unisce agli storici membri Robert Vintervind, Klas Bohlin e Manne Engström.
Nulla di nuovo sotto al sole. I cambiamenti strutturali della band non sembrano influire minimamente sul peculiare Gothic Rock che da sempre l’aveva caratterizzata: un genere per appassionati, un album che i fan potranno scegliere di ascoltare ad occhi chiusi, esattamente come esemplificato dal colorato artwork.
Dalle atmosfere cupe e introspettive, simil Katatonia/Tiamat, di “The Shimmering“, a quelle più strettamente metalliche, di richiamo agli ultimi Paradise Lost, di “Beating Pulse“; dalla vocalità profonda del reinventato cantante Bohlin, che non lontanamente ricorda il caldo timbro di Ville Valo (HIM, ndr), di “Atmosphere“, all’esperimento più riuscito del connubio vocale con la Sahlgren Söder, già rischiato, e non così riuscito, in passato, dai Tristania di “The Darkest White“.
“My Darkness, Darkness” vede un’apertura luminosa soltanto nella seconda metà dell’album, a partire da “One Last Call“, il cui songwriting appare piuttosto catchy, ma non “ruffiano” nel reale significato del termine.
Nulla di nuovo sotto al sole, ma una produzione convincente nella sua semplicità: gli estimatori apprezzeranno.