BRAVE – Count of casualty

A volte la cosa più difficile in questo meraviglioso “lavoro” del redattore musicale è conservare una certa obiettività. Nel caso specifico della disamina di questo EP dei Brave l’impresa è quantomai ardua perché si va a scontrare con la mia assoluta passione per i Raised Fist, gruppo che si può annoverare tra le influenze del quartetto perugino, quantomeno per l’utilizzo della voce abrasiva. Parliamo quindi di hardcore new school, anche se dopo una più attenta valutazione risulta molto più vicino alla scena americana della Bridge Nine che agli svedesi sopra citati. HC di cuore e di cervello quindi, sulla scia di band che hanno fatto della passione il proprio trademark come Betrayal e Verse, ma con un pizzico di melodia in più nelle chitarre che fa emergere una personalità non indifferente. Count of casualty per chiunque mastichi e goda queste sonorità è veramente un gioiellino con tutte le carte in regola per farsi amare e per assicurare ai Brave un brillante futuro. I brani sono articolati benissimo e riescono ad essere molto dinamici grazie ad un accorto bilanciamento tra parti veloci e tirate e rallentamenti più riflessivi in cui la band riesce ad esprimere tutta la sua sofferta e rabbiosa emozionalità. Il tutto sorretto da cori così epici che fanno quasi venire le lacrime per la gioia e un lavoro di chitarra che non segue le mode e si riallaccia alla gloriosa tradizione HC che di riff belli ne ha sempre prodotti, anche prima di andare a saccheggiare quelli degli At the gates. E poi l’assenza di breakdown tamarri con la batteria a mitraglia è veramente una boccata d’ossigeno, l’ennesimo segno distintivo che i Brave quello che fanno lo fanno con passione ed integrità, senza correre dietro ad inutili mode. Veramente un bel dischetto quindi, consigliato calorosamente a chi dell’hardcore ne fa una ragione di vita e vuole sentire un lavoro al passo con i tempi ma fatto con lo spirito di una volta, quando la musica era principalmente passione e non uno strumento per pagare le bollette.