A due anni dal rientro discografico, i Candlemass sembravano già destinati a tornare tra coloro che son rimpianti e impossibilmente desiderati: Messiah Marcolin aveva abbandonato definitivamente la band, che ormai non era più in grado di sopportarne le bizze e si era trovata nella scomoda situazione di cercare un sostituto all’altezza.
Inutile dire che, quando se ne va il frontman di una grande band, come tante volte è malauguratamente successo in passato, l’identità del gruppo rischia di essere compromessa e anche quando il sostituto si dimostri all’altezza e il resto della compagine in grado di assecondarlo in pieno, quasi mai i fans continuano seguire i propri beniamini con inalterata passione.
Ma i Candlemass, a questo punto, han fatto il colpo di teatro: hanno dapprima reclutato un altro strepitoso singer quale Robert Lowe, cantante dei Solitude Aeternus, quindi han tirato fuori il capolavoro. Un Capolavoro assoluto, scardina mascelle e strappa orecchie, destinato a piazzarsi negli anni a venire tra quei dischi imprescindibili non solo per chi ha il doom nel sangue ma anche per la scena metal nella sua interezza.
Un disco cupo, nerissimo, incalzante dalla prima all’ultima nota, cattivissimo eppur con un gusto melodico allucinante, sinistro ed inquietante, a donare un’aura malsana all’intera opera. Lowe è intenso e teatrale, abilissimo nel passare da tonalità più soffuse e malinconiche, ma sempre cariche di tensione, ad altre in cui aggredisce il pezzo con spirito assassino.
Rispetto ad altri dischi dei Candlemass, ci sono maggiori momenti in cui la band alza il ritmo e avanza in maniera martellante ed irrefrenabile, come nell’opener Emperor Of The Void o la mastodontica Daemonia 6, altrove si respirano atmosfere più soffocanti come in Destroyer, il pezzo più lento dell’album, mentre Man Of Shadows e Of Stars and Smoke concedono aperture melodiche da brivido con due refrain in crescendo destinati alla storia.
Embracing the Styx, che va a chiudere il disco, sintetizza in 8’ tutte le virtù dell’opera, calma e tempesta si alternano in un vortice di follia per tutta la sua durata e pongono la parola fine ad uno dei ritorni discografici più sconvolgenti di questi anni.