Dopo anni di paziente e fiduciosa attesa, che sia finalmente giunto il momento di stringere tra le mani un nuovo album di inediti dei Cynic? Purtroppo no, questo nuovo disco non è altro che l’ennesimo recupero di materiale inedito che lascerà con l’amaro in bocca più di un fan. Mentre gli ultimi EP erano decisamente gustosi, in linea con il cammino evolutivo preso dagli americani dopo l’immenso “Traced in air”, qua siamo alle prese con un lavoro quantomeno spiazzante. Trattasi della tanto attesa pubblicazione ufficiale dei brani composti sotto il nome di Portal subito dopo lo split dei Cynic e rifiutati all’epoca dalla Roadrunner (riassunto breve e poco esaustivo di anni di battaglie legali che minarono profondamente la salute della band). Lavoro decisamente spiazzante, si diceva prima, in quanto totalmente di rottura rispetto ai dischi della band sia precedenti che antecedenti: qua di death metal non c’è traccia neanche a cercarlo col lanternino, mentre siamo in territori prossimi all’ambient, con mille influenze che spaziano dalla fusion, al prog ed al jazz. Territori musicali che sono sempre stati cari alla band, e che qua vengono esplorati nella loro interezza. “The portal tapes” è un album interessante, molto rilassante, etereo e ricco di spunti interessanti, anche se in alcuni passaggi non sembra invecchiato benissimo, soprattutto nei suoni di tastiera che non nascondono i quasi vent’anni che si portano dietro. Molto buona invece la sezione ritmica, in particolar modo il basso di Chris Kringel che si muove su linee sinuose e jazzate, così come la batteria di Sean Reinert che si rivela un maestro nel sapere dosare il suo tocco unico e delicato. Le chitarre sarebbero quasi non pervenute, in quanto vanno più a delineare tappeti sonori ritagliandosi un ruolo marginale. Chi invece assume il ruolo principale in questo album è Aruna Abrams, voce suadente ed ipnotica quantomai lontana dal cliché della gothic metal chick, che dona spessore e carataura ad ogni brano e si integra perfettamente ai pochi passaggi in cui canta anche Paul Masvidal. Come avrete capito, questo è forse l’album più atipico uscito sotto il nome dei Cynic, anche se è una parte importante della loro carriera e delinea alcuni passaggi dell’evoluzione che ancora oggi fanno capolino negli ultimi lavori. Forse la cosa più interessante è una leggera aria esoterica che si respira tra alcune pieghe delle canzoni, appena percettibile ma molto affascinante. Chissà che queste vibrazioni che sono tornate alla luce dopo anni di polvere presa sugli scaffali non possano trovare spazio anche negli attuali Cynic, anche se ritengo che la via dell’entropia cosmica che hanno abbracciato sia la base delle prossime composizioni.
Ad essere sincero, non avrei voluto dare un voto a “The portal tapes“, perché un numero fatica a racchiudere un’esperienza così personale e mutevole a seconda dell’ascoltatore; a me personalmente è piaciuto molto, ma indubbiamente ci sarà chi lo troverà un tedio assoluto. Comunque un’opera complessa e controversa, ma dalle qualità artistiche altissime; chi ama spaziare oltre il metal si troverà tra le mani un gioiello dalla bellezza rara.