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DACAST – Dédale

Nel bailamme di recensioni, segnalazioni, etichette e sottoetichette, definizioni e descrizioni pittoresche, lanci di nuovi (presunti) fenomeni musicali, sembrerebbe che di new sensation underground il mondo trabocchi. Non tutto quello che è propinato per fondamentale lo è, ma di tesori nascosti in giro ce ne sono effettivamente parecchi. La proliferazione di band a ritmi esponenziali e la facilità di promozione sulla rete produce fenomeni da baraccone ma porta anche alla luce degli splendidi assemblati di idee bislacche, apparentemente troppo astruse e infine, svelate da ascolti minuziosi, assolutamente entusiasmanti. Eccoci allora catapultati nel caos creativo dei francesi Dacast, alfieri dell’arte moderna più sfidante trasposta in musica.

“Dédale” si candida a diventare uno dei rompicapo preferiti dei famelici cercatori d’oro di novità e sperimentazione, con un piede in un rassicurante già sentito, perché i punti di riferimento tranquillizzano, e un altro in bilico su un vuoto che sa di tuffo in picchiata verso un ignoto seduttivo e non come schianto su rocce appuntite. Piacere, non dolore e ribrezzo, quello che vi capiterà ascoltando l’opera seconda dei parigini. La loro proposta si erge ad ardimentoso crocevia di post-core, improvvisazioni alla Fantomas, fiammate grind, sfregi col bollino di qualità dei Converge, convulsioni dissonanti diramate al mondo dai The Dillinger Escape Plan. Due canzoni, lunghissime, spigolose, libere nell’impostazione, assurdamente intelligenti nel collocare le trappole sonore nei punti giusti. Nonostante lo sviluppo ultra accelerato e in preda al delirio, la musica si dipana in un filo lunghissimo e ingarbugliatissimo ma i cui nodi si sciolgono in un lampo all’interno di un marasma di libera espressione, di abbattimento delle regole che non si accartoccia nella supponenza ed elettrizza sempre anche quando pare deviare nell’insensatezza. Ricondurre a una quasi-logica e al raziocinio un tale affastellamento di colori, sovrapposizioni, scariche adrenaliniche stoppate all’improvviso non è subitaneo, ma ci si arriva in tempi clamorosamente limitati. Alcune parti sono lì lì per scivolare nel rumorismo, e vi rimangono sempre un passo indietro, molte sezioni spremono gli strumenti in un ballo di note ubriache che sorprendentemente si legano in qualche modo a spezzoni più coesi e hardcore/metal oriented. Le tracce sono dei contenitori di sperimentazioni, palestra di soluzioni apparentemente in contrasto e in feroce conflitto. Si incontrano quindi molte asperità, che non si smussano affatto quando si è entrati nell’idea di chi si è inventato questa roba, sono piuttosto esaltate da una giustapposizione sorprendentemente coerente, per cui l’affiancamento di sparate a briglia sciolta e contrappunti jazzati e noise va via che è una meraviglia.

Il ricorso a formule da free jazz o da colonna sonora non stona affatto e quando ci si abitua al mondo non-sense dei francesi sembra ineluttabile il passaggio in un battibaleno dall’hardcore metallizzato futurista ad atmosfere cinematiche bizzarre e divaganti fuori dal metal, fuori dal rock, fuori un po’ da tutto. L’astruso si fa normalità in “Dédale”, con una predilezione per il math-core contorto nella prima metà e uno spostamento verso l’esplorazione di nuovi mondi nella seconda parte. Violenza, astrazione, valicamento dei limiti, scontro di generi e creatività fuori controllo, “Dédale” è questo e molto altro, sincronizzatevi sulle lunghezze d’onda di Thibaut, Sylvain, Abdel, Cédric e Adrien, questi i nomi dei cinque Dacast, e avrete probabilmente scoperto una miniera d’oro in note.

  • 8/10

  • DACAST - Dédale

  • Tracklist

    1. Dèdale - Face A

    2. Dèdale - Face B

  • Lineup

    Thibaut, Sylvain, Abdel, Cédric, Adrien