Quando si ha per le mani un nuovo lavoro di una band che ha rappresentato un caposaldo nell’hard rock d’annata, non è mai facile essere obiettivi. Il rischio è di una troppa riverenza che non rispecchia la realtà oppure, al contrario, di essere troppo severi perché si è delusi da un confronto con ciò che il tempo ha fatto venire meno.
Occorre dire che la fortuna è che i Dokken sono rimasti dei musicisti di alto livello con un impatto live notevole; purtroppo quello che occorre digerire sono le tonalità riviste per adattarsi alla voce di Don Dokken, lontano dagli anni 80 ma con il pregio di non rendersi ridicolo facendo la parodia di sé stesso, come invece pare abitudine per altri big dal glorioso passato.
I Dokken, per l’occasione in formazione originale, presentano l’inedita e apprezzabile “It’s another day”, seguita da una raccolta live dei loro successi, registrati durante la tournée giapponese del 2016, dove possiamo ancora sentire un George Lynch in ottima forma, sostenuto da una sezione ritmica presente e precisa. Il lavoro è poi completato dagli ottimi cori eseguiti da ogni componente che permettono al tutto di scorrere piacevolmente.
Chiudono l’album due belle versioni semi-acustiche di “Heaven Sent” e “Will the Sun Rise”, quest’ultima in particolare molto riuscita al punto da non sentire i segni del tempo di una canzone composta oltre 30 anni fa.
A voler essere pignoli sulla produzione, i fade-out/fade-in tra alcune tracce fanno un po’ perdere l’atmosfera da concerto, rompendo il feeling tipico da live album. Ad ogni modo una live performance onesta e ben eseguita, con la classe e maestria di musicisti che hanno contribuito a creare la magia dell’hard rock degli anni 80.