Prendete tre musicisti imbevuti di psichedelia che spaziano però nei generi più diversi, nel doom metal, nello stoner/desert rock, passando per jazz rock e progressive rock. Ora visualizzateli chiusi in uno studio di registrazione, isolati in un piccolo villaggio nel sud della Francia, Aveyron per la precisione, con il produttore Léo Minart. Immaginateli in una infinita ed ipnotica jam session, mentre lasciano semplicemente fluire la loro musica dagli strumenti ed otterrete il loro secondo album “Telluric Wanderers“.
Lavoro articolato in sei parti che non hanno neanche dei titoli precisi, ma delle indicazioni per ripescare i frammenti deliranti di questa creazione. Un crescendo di colori che si alternano sull’onda di ritmi sempre differenti, fino alle cavalcate metal della bellissima terza parte “Inner doom / Outer doom / Ducks on drugs“.
Un po’ Frank Zappa e un po’ Black Sabbath, non importa inventare, non è imitare, ma semplicemente i Frank Sabbath tirano fuori ispirazioni, demoni, sensazioni e li impastano in una grande amalgama.
A chi consigliare un album di questo genere? A chi ha voglia di perdersi nella musica, a chi ama in partenza il progressive rock, ma estremizzato nelle allucinazioni di scuola Iron Butterfly. Lisergico, da ascoltare senza paura di precipitare nella sua corrente.