Può essere che l’orecchio del sottoscritto sia diventato particolarmente esigente verso chi si presta al mio giudizio; può essere anche che troppi anni da metallaro abbiano indurito il mio ‘cuore musicale’; può essere che mi aspettassi qualcosa di diverso…fatto sta che “Backroads To Byzantium” mi continua a lasciar perplesso.
Dall’Irlanda arriva questo quintetto che predilige sonorità rock molto care al proprio paese di origine, con una line up classica, tre dischi alle spalle e un trionfante tour con Y&T…la proposta rimane fedele alle precedenti uscite, mostrando un rock ‘colorato’ da certe melodie ‘irlandeggianti’, dove la melodia regna sovrana nel contesto. Un certo piacere nel suonare i 4/4 lo si denota dal tiro che la band possiede, il che merita rispetto (è inutile suonare qualcosa che non ci veste a pennello).
Tecnicamente è un disco degno di un buon livello professionale, con suoni non troppo invandenti e un mixing che mette in risalto le capacità di Jackie Robinson dietro al microfono e di Bat Kinane alle sei corde; le performance sono discrete, senza infamia e senza lode (non sono, ad ogni modo, musicisti di primo pelo), mentre la produzione è tipicamente ruffiana, mirata a espandere maggiormente la caratura pop del contesto.
Ma le idee, proprio, convincono poco: ci sono episodi come “Fade To Dust” e “Down & Out” che riescono a farsi apprezzare per l’istinto naturale, mentre brani come “Long Gone”, “Something She Knows” e “End Of The Line” non riescono a decollare, risultando una tiritera monotona e scontata che lascia il tempo che trova.
Normalmente, riesco sempre a trovare un consiglio profondo da dare alle band (qualora leggessero queste mie parole). In questo caso credo proprio che il mio ego riesca a estrarre dal cappello solo il seguente idioma: “Il Rock è morto…e ne capisco il motivo!”.