Nonostante i 36 anni di attività, i Grave Digger confermano di non volerne sapere della pensione, e lo fanno con questo “The Living Dead“, diciannovesimo disco in studio, che segue a distanza di un solo anno il buon “Healed by Metal“. A questo giro nulla sembra cambiato: stessa label (Napalm), stessa line up, e stesso trademark, sia per quanto riguarda la simpatica copertina (una tenera bambina zombie grida vendetta brandendo un coltello insanguinato), sia relativamente alla musica. Sì, perché sebbene il singolo “Zombie Dance” facesse presagire il peggio per molti puristi del combo teutonico, anche questa nuova fatica rimane ancorata alla migliore tradizione dell’heavy/power tedesco che i nostri, assieme ai connazionali Rage e Running Wild, hanno contribuito a creare.
Le atmosfere si fanno subito cupe con l’apripista “Fear of the Living Dead“, fatta di chitarre granitiche, sezione ritmica terremotante e cori epicheggianti, ma tutto il disco fa proprie queste caratteristiche. Con “Blade of the Immortal” cala il ritmo, ma non l’intensità, mentre “When Death Passes By” e “What War Left Behind” sono costruite attorno ad alcuni tra i riff più veloci del piatto. “The Power of Metal” è una specie di inno, orecchiabile e ben riuscito, mentre la già citata “Zombie Dance“, realizzata in collaborazione coi compagni di etichetta Russkaja, è una sorta di polka ballata da zombie ubriachi, ma, una volta superato lo shock iniziale, si lascia ascoltare con piacere.
Tutto il disco si mantiene su livelli molto alti e con una produzione che ancora una volta pone in risalto al meglio le qualità del quintetto. Anche con “The Living Dead“, insomma, gli scavafosse si confermano una solida realtà nel panorama metal classico europeo. Per chi volesse un disco suonato alla vecchia maniera, ma anche con idee fresche, è assolutamente consigliato.