A distanza di ventuno anni dalla loro formazione e dopo tre anni dalla pubblicazione del loro precedente full lenght “The Dark Crusade”, i francesi Lonewolf ritornano, questa volta sotto l’ala protettrice della Napalm, con un nuovo lavoro: “Army of the Damned”. Questo cd si presenta come una forza della natura, non lascia un secondo di respiro: inutile aspettare quella ballad che non arriverà mai!
“Lonewolf” apre il cd con dei forti tuoni e una chitarra che subito attira la nostra attenzione. Il livello tecnico è, come previsto, impeccabile e la ritmica “galoppante” della batteria ci spinge immediatamente a tenere il ritmo in qualsiasi modo. La voce di Jens Börner esce prorompente dalle casse rivelandosi più graffiante, imponente e accattivante rispetto al lavoro precedente. “Crawling To Hell” mantiene la ritmica iniziale per accompagnarci ai cori di “Army Of The Damned” che preludono alla grande importanza della canzone, che non a caso è stata scelta per dare il nome all’intero album. La batteria di Antoine Bussiere fa sfoggio di grande tecnica e anche il resto del gruppo non è da meno. “Hellbent For Metal” credo di averla riascoltata fino a ricordarla a memoria: il ritmo è perfettamente costruito, come in uno schema ad incastro in cui ogni strumento trova il proprio spazio; il ritornello, inoltre, è difficile da dimenticare.
“Soulreapers”, in seguito, ci fa ascoltare una grande performance dei chitarristi che mantiene la ritmica del cd.
“Celtic Heart” sembra voler calmare i toni ma, dopo un intro quasi rilassante, ci sommerge nuovamente con una carica che ci lascia ancora una volta a bocca aperta. Questa traccia presenta un intermezzo musicale degno di nota, la forza musicale raggiunge il suo picco massimo e perfino le casse sembrano non sopportare la cattiveria che emette. “The Last Defender” e “Cold” mantengono alto il livello senza tuttavia stancare l’ascoltatore. “The One You Never See” si presenta come una traccia perfetta per presentare l’intero cd: la linea vocale è profonda, graffiante e cattura l’attenzione facendolo entrare completamente nella canzone; i quattro componenti del gruppo danno ancora una volta sfoggio di grande tecnica musicale e dopo due o tre ascolti diventa quasi impossibile non cantarla. “Tally Ho” e “One Second In Eternity”, infine, chiudono il cd senza lasciarci un secondo di respiro.
I Lonewolf ci tengono rinchiusi nel loro cd per tutta la durata delle undici tracce senza regalarci nemmeno un momento di requie; un’apnea piena di riff di chitarra e di parti di doppia cassa alla quale riusciamo a sopravvivere egregiamente e, una volta fuori, dopo essere tornati ad assaporare il silenzio, non possiamo far altro che apprezzare questo meccanismo formato da tecnica e bravura.