Sostengo da sempre che la musica, di qualsiasi genere, sia terapeutica: sembra che le melodie o i fraseggi che provocano brividi alla schiena o che chiudono lo stomaco diano effetti incredibilmente positivi al corpo umano, e in special modo alla sua psiche; come racconta la storia (o la leggenda) di Farinelli, che fu chiamato alla corte di Spagna per curare il sovrano Filippo V con la propria voce, la musica può far miracoli.
Nel caso dei Magnum, il comporre e suonare musica sembra aver effetto ringiovanente. Dalla reunion avvenuta poco più di dieci anni fa, Tony Clarkin e soci sembrano aver rimesso la quarta e ad ogni uscita il loro sound progredisce ulteriormente; il periodo splendente che da un lustro sta avvolgendo il quintetto di Birmingham sembra continuare anche in questo “On The 13th Day”, uscito a diciotto mesi di distanza da “The Visitation” e nemmeno un annetto dopo “Evolution”; questa volta i Magnum prendono una vena indiscutibilmente più grintosa, avvicinandosi maggiormente al hard rock puro ma senza snaturare le proprie consistenti dosi di tastiere e melodia.
Come sempre tutto è affidato alle mani del factotum Clarkin, che oltre a compositore e arrangiatore si occupa di creare il giusto sound della band. La produzione è linfatica, fluida e armoniosa, i suoni sono caldi e intensi, perfetti nello sposalizio con la sempre particolare voce di Bob Catley, mentre le performance sono tipicamente ‘Magnum’, ovvero mirate a far rendere i brani trascurando le virate virtuosistiche che ne spegnerebbero il pathos.
“All The Dreamers” “On The 13th Day” e “Shadow Town” fanno muovere il piede, con il tiro tipicamente ‘vintage’ delle proprie strutture, mentre “Didn’t Like It Anyway” e “Dance Of The Black Tattoo” fanno capire che il quintetto ha energie da vendere e idee moderne e vincenti. “Broken Promises” e “So Let It Rain” giocano ruffianamente con l’ascoltatore mentre il duo conclusivo “See How They Fall” e “From Within” risente di atmosfere un po’ più spente e di un certo calar di tensione.
Che amiate i Magnum dell’epoca d’oro (anni 80/90) o della nuova era (2001-oggi) non potrete discutere certo della levatura di questi cinque musicisti che, ormai attorno alle sessanta primavere, riescono ancora a splendere grazie alla propria arte. “On The 13th Day” non è un capolavoro ma sa farsi rispettare. Per tutti i fans, acquisto obbligato!