Ritorno dopo tre annetti di silenzio per i torinesi Mainline, che questa volte decidono di autoprodursi e sfornano un album di post-hardcore dalle buone potenzialità ma che purtroppo ha anche l’enorme peso di vivere sotto la luce riflessa di molte band d’oltreoceano. Pesanti le influenze degli ultimi Poison the well e soprattutto di Underøath, anche se dai canadesi i nostri hanno preso soprattutto quella capacità di suonare un hardcore privo della sfrontata tamarraggine di molti gruppi, dilatandone invece i tempi e creando atmosfere che spesso portano al viaggio mentale ed all’introspezione.
Interessante invece il modo come i Mainline si approcciano al ritornello con voce pulita, estraniandolo da quel ruolo centrale che spesso ricopre in gruppi dalle sonorità simili e rendendolo parte integrante della loro struttura di canzone in cui ogni elemento è perfettamente integrato con gli altri. Non aspettatevi quindi sfuriate cieche e breakdown assassini, ma brani dal suono corposo e caldo, spesso ricchi di arpeggi, rullate e tempi dilatati che vanno a creare quella sensazione di musica di ampio respiro e vedute. Anche i passaggi con voce pulita sono quanto di più lontano da quel cliché di bubblegum emo che infesta tante produzioni attuali, anzi si avvicinano a quelle splendide sensazioni che sono riusciti a creare i Deftones più sperimentali. Il problema dei Mainline lo si può riscontare, purtroppo, anche nella poca varietà che costituisce “Azalea”: dopo aver sentito il primo brano, più o meno tutti gli altri si assomigliano come struttura, eccezion fatta per un paio che spiccano decisamente. “The constant” ad esempio è il pezzo più veloce dell’intero disco ed abbandona del tutto le clean vocals in favore di una maggiore melodia chitarristica. Molto interessante anche il discorso di mantenere comunque una struttura di ritornello, affidato al cantato in scream, nonchè il finale che si concede ad un sano quanto liberatorio “tupa-tupa” che sembra fatto per scatenare il pogo dal vivo. Il vero capolavoro è però la conclusiva “Saturno rege”, canzone dove i Mainline finalmente osano e fanno rimpiangere di aver scritto qualcosa di così bello solo in coda al disco. Brano di sette minuti in cui la band riesce a costruire una parte centrale interamente strumentale ricca di atmosfera e pathos, un costante crescendo che culmina in un ritornello prima dolce, poi aggressivo dall’intensità assoluta.
E alla fine rimani inebetito a chiederne ancora, ma purtroppo il disco e finito e non rimane che sperare che il costante cammino dei torinesi li porti a incidere un nuovo album in fretta in cui insistano ancora di più su queste ultime sonorità dilatate e sognanti. Per ora “Azalea” rimane un album valido, consigliatissimo agli amanti del genere, ma per il futuro vorrei che i Mainline esprimessero tutto il proprio potenziale scrollandosi di dosso l’ombra dei grupponi d’oltreoceano.