“Pawn and Profecies” segna ufficialmente il ritorno in scena in veste da protagonista per Mike LePond assieme ai suoi Silent Assassins. Dopo l’omonimo album di debutto nel 2014, il progetto del bassista dei Symphony X prende sempre più forma, e apre le danze del 2018.
Ma veniamo subito al punto caldo del disco: la tanto attesa title track dalla modesta durata di 21 minuti. Inserita come traccia finale dell’album, non solo è un affascinante viaggio in cui i cantanti ci fanno da interpreti dei vari personaggi (come fecero anche gli Ayreon con il loro “The Source” nel 2017), ma può vantare anche di spaziare su diversi generi musicali, regalando così all’ascoltatore dei cambi di atmosfera che ne rendono l’ascolto stupefacente: passa infatti dal Symphonic Epic Metal, piuttosto che dall’Heavy, al Folk, inserendo addirittura uno stacco Blues.
Esclusa la title track però, il resto del disco si presenta in maniera altalenante: bocciate le prime due tracce “Masters of the Hall” e “Black Legends”. L’album si apre con due brani che sono un po’ sottotono rispetto a quello che sarà l’andamento principale del disco. Forse con una diversa collocazione sarebbero state più apprezzabili.
Promosse a pieni voti invece la ballad “Mullberry Tree”, della quale sono apprezzabili le sonorità acustiche; e “I am the Bull”, che ha tutti i numeri per essere eletta come migliore del disco assieme a “Pawn and Profecies”.
Il Prog di Mike LePond non è mai stato quello basato su virtuosismi o doti musicali particolari, ma fondato su cambi di genere e sulla trasmissione di diverse emozioni nello stesso brano. Come da pronostico, questo fenomeno è presente anche in quest’album. Spiccano molto di più invece le influenze Heavy, Power e anche Trash, soprtattutto nei brani “Antichrist” e “Avengers of Eden”.