Le band pioniere e quelle blasonate non hanno solo il compito di creare o diffondere un genere ma anche di ‘formare’ le nuove leve; in un contesto, se vogliamo, molto romantico e ‘sociale’, chi ha avuto la fortuna i mezzi e le capacità per poter dar vita qualcosa di grande o innovativo deve ergersi a portatore del messaggio in favore di chi potrebbe seguirne le tracce.
I Murkocet di lezioni ne hanno davvero frequentate molte…il loro debut “Digging Mercy’s Grave” è un concentrato di metal orgogliosamente moderno e americano, dove gli insegnamenti dei big del genere sono state ben assorbite e codificate in favore di un sound che può diventare dannatamente personale. I quattro dell’Arizona non trascurano alcun particolare e provano a regalare undici pieces tecnicamente convincenti e professionali sotto ogni punto di vista.
La produzione è rabbiosa nel profondo, eviscerando un senso di malessere e incazzatura che si plasma in ogni singolo secondo; le performance sono mirate alla resa del tiro e della micidialità delle strutture, coaudiuvate da un ensemble di suoni che, nonostante la secchezza, sono rasposi e graffianti come la carta vetrata. Mixing e mastering si pongono il semplice compito di sciogliere ogni dinamica e di imprimere sulle schiene dei fans il maggior danno possibile.
“Strip Club Massacre”, “Dead World”, “Repo Man” e “Lights Out” rappresentano un concentrato di riffing possenti e growl intimidanti, sostenuti da una sezione ritmica serrata e selvaggia; “Dust Cloud” e “Tombstones” picchiano un po’ meno grazie a qualche soluzione più ‘alternative’ mentre “California Smile” e “Overdose” invece risentono di qualche cliché di troppo.
Non un debut perfetto ma ottimamente studiato e costruito…auguro ai Murkocet di continuare nella ricerca del proprio perché le basi per un futuro roseo ci sono, basta avere la pazienza di farle fiorire.