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MYLES KENNEDY – Year of The Tiger

Ancora una volta Myles Kennedy torna a stupirci, e lo fa nel migliore di modi. Lo abbiamo sentito con gli Alter Bridge e con Slash, ma con questo disco ha voluto mostrarci di essere un musicista completo a tutti gli effetti, con una versatilità incredibile e una capacità stupefacente nel saper spaziare tra vari generi musicali.

Inutile dirlo, gli strumenti più di spicco nel disco sono chitarra acustica e, ovviamente, la sua voce.

Album che si presenta come disco Blues Rock, ma che è carico di sfumature, stili e sonorità molto diverse tra loro. Un esempio perfetto è “The Great Beyond”, nella quale Myles è riuscito a incrociare alla perfezione la sua chitarra acustica in un arrangiamento prevalentemente Symphonic Rock. Due stili che tendenzialmente non c’entrano nulla tra di loro, e che solo un signor musicista come lui sarebbe riuscito a mischiare.

Ma veniamo dunque ai primi singoli che il cantante degli Alter Bridge ha presentato al pubblico, partendo dalla title track. Uscito già a Dicembre, il brano è la scelta perfetta come biglietto da vista del disco. Si può dire infatti che sia probabilmente la canzone più particolare dell’album, quel pezzo che non ti aspetti e che ti lascia a bocca aperta.

Anno nuovo, singolo nuovo. Esce infatti a Gennaio “Haunted by Design”. Forse quello che ha stupito di meno tra i 4 singoli pubblicati prima della data di uscita, o se non altro il meno particolare. Rimane comunque un pezzo orecchiabile, dove la voce di Myles sembra avvolgerti in un caldo abbraccio durante il ritornello.

A Febbraio esce invece “Devil on the Wall”, il brano in cui più in assoluto riusciamo a cogliere sfumature e sonorità Blues in tutto il disco. Il risultato è un brano ritmico ed energico, durante il quale non smetti di battere il tempo col piede.

E proprio quando i CD e i vinili erano quasi sugli scaffali dei negozi, ecco che esce “Love Can Only Heal”. Solo il finale della canzone vale da sola il prezzo dell’album. Il pezzo strappalacrime per eccellenza in un disco che gratta la soglia della perfezione.

Tuttavia Myles non è convinto che basti una sola canzone malinconica per farci affogare tra le nostre stesse lacrime. Arriviamo così a “Nothing but a Name”. In realtà la tristezza di questo brano è tutta racchiusa nel testo, mentre invece dal punto di vista strumentale presenta anche stacchi interessanti.

La nomina di brano più energico del disco va invece a “Mother”, che scalza di poco “The Great Beyond” e “Devil on the Wall”.

È particolare invece il caso di “Songbird”: canzone particolarmente orecchiabile che sarebbe facilmente apprezzata anche da chi lo reputa un metallaro cattivo per via dei suoi capelli lunghi. Anche in questo caso Myles non perde l’occasione per mettere in scena il suo timbro così affascinante, soprattutto nel ritornello.

Altro caso particolare è quello di “Ghost of Shangri La”, nella quale Mr. Kennedy ci catapulta all’interno di un mito della cultura tibetana, sia grazie al testo che grazie alle evidenti influenze di musica orientali all’interno della parte strumentale.

In conclusione, si può dire che con questo disco Myles si sia ufficialmente fatto valere anche nel ruolo di songwriter in un progetto solista, dando prova di un enorme e indiscusso talento sia alla voce che alla chitarra. In questo modo si è confermato nuovamente uno dei musicisti più formidabili attualmente in circolazione.

  • 9/10

  • MYLES KENNEDY - Year of The Tiger

  • Tracklist

    01. Year of The Tiger

    02. The Great Beyond

    03. Blind Faith

    04. Devil on the Wall

    05. Ghost of Shangri La

    06. Turning Stones

    07.  Haunted by Design

    08.  Mother

    09. Nothing but a Name

    10. Love Can Only Heal

    11. Songbird

    12. One Fine Day


  • Lineup

    Myles Kennedy – Voice, Guitar, Banjo, Lap Steel Guitar, Bass, Mandolin 

    Zia Uddin – Drums, Percussions

    Tim Tournier – Bass

    Michael “Elvis” Baskette - Keyboards