Disco d’esordio sotto Neverheard Distro all’insegna del black metal più intransigente per gli ormai disciolti Mystagog.
C’è davvero poco da dire su questo “… of Old”. Da come si può evincere dal titolo, sembra proprio che gli ungheresi in questione siano l’ennesima band con l’intenzione di riportare il verbo black ai vecchi fasti di un tempo, quando era ancora materia genuina e incorrotta.
La produzione è quindi deliberatamente cruda e scarna, ai limiti dell’ascoltabilità. Ma non è certo una premessa del genere a rendere il disco qui recensito qualcosa di cui si può tranquillamente fare a meno. I Darkthrone più marci (quelli di “Under A Funeral Moon” per intenderci) hanno dimostrato come sia possibile fare musica di qualità anche con una produzione essenziale, purché si sia dotati di una certa attitudine e idee valide.
Attitudine a parte, che certo non manca a questo duo, i Mystagog non fanno altro che propinare all’ascoltatore monotone e zanzarose chitarre in tremolo picking, affiancate da una batteria che più ripetitiva non si può (tiene esattamente lo stesso identico ritmo all’infinito, tranne pochissime eccezioni) per tutta la durata del disco. Le canzoni si susseguono dunque una identica all’altra, assolutamente insensate, e corredate dallo scream maligno e primitivo di Angmar. Quest’ultimo sembra infatti essere l’unico elemento positivo del full-lenght insieme ad una certa capacità di ricreare atmosfere frigide e oscure a cui la tradizione delle formazioni del black più classico ci ha abituato.
Rilasciare al giorno d’oggi un album con zero idee e una produzione che rende addirittura difficile capire cosa stiano facendo le chitarre, è un vero e proprio insulto alle orecchie di chi ascolta. Un simile problema non sussisteva neanche nelle uscite di black scandinavo dei primi anni novanta, caratterizzate sì da una produzione approssimativa, ma che almeno non rendeva estremamente arduo capire cosa si stava cercando di proporre. Da evitare.