Mi aspettavo che sarebbe arrivato il giorno in cui Jon Oliva avrebbe deciso di uscire con un disco a suo nome…ci sono voluti trent’anni, tuttavia chi sa aspettare alla fine sa godere i frutti alla giusta maturazione. Il punto cruciale è, come sempre, dove spingerà la rotta la nave questa volta? Cosa aspettarsi dal geniale ‘Mountain King’??
Sarebbe più corretto, forse, affrontare la sua musica a mente libera, quasi ogni album fosse un debutto…accantonato il progetto Jon Oliva’s Pain dopo la morte del fido Matt La Porte (c’era stato l’annuncio di un dvd imminente poi mai registrato), tra un tour commemorativo e un altro (lo scorso anno il venticinquennale di “Hall Of The Mountain King” e il prossimo anno toccherà a “Gutter Ballet”) il buon Jon si siede in studio e inizia a registrare materiale su materiale…unendolo alle ultime idee del mai troppo compianto fratello (Criss Oliva), si dedica al proprio progetto solista modificando nuovamente il sound…meno graffiante dei Savatage ‘era-Criss’, meno pomposo degli ultimi lavori dei Savatage e meno elaborato rispetto al sound dei JOP, “Raise The Curtain” abbraccia un interessante connubio tra prog anni 70 e il classico rock, unendo una gioviale forza data, ovviamente, dall’instancabile chitarra metal…
La produzione, affidata a Jim Morris, è come sempre la chiave di ‘ambientazione’…le undici tracce profumano vintage, complice un apposito mixing che mette in evidenza pochi aspetti alla volta. I suoni sono come sempre caldi e bilanciati, mentre le performance sono mirate alla resa della song, tralasciando ogni forma di virtuosismi che non sia chitarristico…la voce di mr. Oliva è sempre più graffiante e opalescente, trasudando le esperienze e gli abusi che gli anni hanno posto nella sua carriera.
Per cui rimanere impassibili al cospetto di songs come “Raise The Curtain”, “The Witch” o “Father Time” è pressochè improbabile…qua e là si sentono le atmosfere oscure che richiamano il mitico “Streets” che, abbinandosi al progressive rock della nuova svolta, danno faccia al lentone “Soldier” o alla conclusiva “Can’t Get Away”; invece songs come “Soul Chaser”, “Big Brother” e “Ten Years” faranno la felicità di tutti i fans del vocalist americano, vista la concentrazione di tutte le infinite sfumature che i Savatage e i JOP hanno portato in auge nel corso dei decenni.
Un disco difficile da ascoltare e da apprezzare a pieno con un solo ascolto…ci si potrebbe perdere in un’odissea di considerazioni che, alla fine, rovinerebbero il vero messaggio di questo disco: Jon Oliva non si da per vinto e pone il proprio amore per l’arte davanti a ogni cosa. Massiccio e mastodontico, un disco che riflette la personalità e il fisico del ‘mountain king’!