Dopo “The Key
Nonostante il nome dei nostri e la stessa presenza di Tate abbiano sempre fatto sospirare i più nostalgici, che probabilmente si sarebbero aspettati qualcosa di anche solo vagamente accostabile ai Queensryche, il cantante americano ha già in passato spiazzato tutti, con un sound che ben poco ha a che spartire con i suoi ex compagni di gruppo.
“The New Reality” insiste su coordinate diverse dall’epoca che segnò il successo di Geoff Tate, miscelando tonalità parecchio cupe con venature elettroniche, synth e passaggi al limite dell’industrial, per un disco sicuramente sperimentale, dotato di una certa originalità, ma non di facile accesso, e sicuramente non apprezzabile da tutti.
Se la voce di Tate rimane molto espressiva, anche su toni più bassi rispetto al passato nei Queensryche, il songwriting è vario, abolendo quasi totalmente l’idea di forma canzone (a volte però sembra mancare totalmente una struttura portante). Così “A Head Long Jump” è divisa tra una prima metà elettronica e una seconda parte più metal, “A Guitar in Church ?” appare come uno strumentale vagamente new age costruito su synth, piano e batteria, mentre la conclusiva “The Same Old Story” ci delizia con una buona prestazione di Tate e una batteria dai tratti jazz.
Sicuramente si tratta di un disco particolare, non immediatamente assimilabile, ma che potrebbe sorprendere.
