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POMBAGIRA – Maleficia Lamiah

Raramente mi capita di fare delle recensioni su dei gruppi sui quali conosco poco o niente, ma stavolta mi sono buttato “a pesce” sui Pombagira perché due o tre cosucce mi hanno decisamente indirizzato all’ascolto di Maleficia Lamiah. Innanzitutto perché il buon Pete Giles, sostanzialmente il frontman della band, una vita e mezzo fa ha suonato in un paio di band con Shayne Embury che definire seminali sarebbe quantomeno riduttivo. Almeno per questo merita rispetto. Poi ho sempre avuto una predilezione per le band che amano esprimersi in lunghe suite, che soprattutto in un genere come il doom spesso si rivelano una scelta azzeccata per esprimere al meglio idee che necessitano di tempi dilatati. Stendiamo un velo pietoso sulle incensatissime foto fatte nientemeno che dal fotografo dei Beatles degli anni sessanta, che fanno apparire i Pombagira come due ridicoli hippy fuori dal tempo, e concentriamoci sul lato musicale. Che è quantomeno altalenante. I due lunghi brani hanno momenti decisamente intriganti, in cui il buon vecchio doom degli anni 70 si mescola abbondantemente con la psichedelia e si inasprisce a tratti con un pizzico di sludge, niente di troppo massiccio perché i Pombagira la pesantezza la esprimono più attraverso l’esoteria che con growl o chitarre spesse. Anzi, il suono molto scarno diretto aiuta ad immedesimarsi al pieno nello spirito di Maleficia Lamiah. Il rovescio della medaglia è che i brani non hanno né la compattezza né la crescita che ci si potrebbe aspettare da un minutaggio tanto elevato, ma sembrano tante canzoni incollate tra di loro con degli intermezzi strumentali per arrivare alla lunghezza desiderata. A questo punto io avrei preferito un album “tradizionale” che dà la possibilità di skippare la traccia indesiderata, qua invece a volte bisogna sorbirsi minuti in cui l’ispirazione del duo ha evidentemente latitato per arrivare alla parte succosa e gradevole. Altra cosa che mi ha lasciato abbastanza perplesso è che a volte i Pombagira sembrano andare ognuno per i cavoli loro, in particolar modo la batterista che a tratti sembra fregarsene altamente del tempo e della struttura del brano. Ok, arrivati alla fine della recensione sembra che questo album sia da buttare in toto, ma in realtà ha un’atmosfera e una genuinità che sicuramente affascineranno gli appassionati del doom classico e dei lisergici anni 70. Per tutti gli altri il consiglio è di avvicinarsi ai Pombagira con molta cautela perché potrebbero cogliere solo l’aspetto superficiale che non è sicuramente molto intrigante.

  • 6/10

  • POMBAGIRA - Maleficia Lamiah

  • Tracklist
    1. Maleficia Lamiah
    2. Grave cardinal

  • Lineup
    Pete Giles. chitarra, voce
    Carolyn. batteria