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SAINT VITUS – Lillie: F-65

Rieccoli. Come se il tempo si fosse fermato, l’orologio fosse rimasto inchiodato non dico nel ’95, anno dell’ultimo full-lenght “Die Healing”, ma addirittura nel 1984, data dell’esordio autointitolato. Riffing assurdamente distorto, produzione essenziale, impostazione dei pezzi da straziante marcia nell’oblio, dominante flavour cimiteriale e desolazione desertica sono gli elementi che hanno ammaliato i doomsters del globo fin dai primi lavori, quelli con Scott Reagers alla voce. Ora i fumatissimi freaks-bikers losangelini tornano a proporre materiale inedito sfoggiando la line-up più nota, quella con Scott “Wino” Weinrich alla voce, Dave Chandler alla chitarra, Mark Adams al basso e senza ovviamente il defunto Marcelo Acosta, che ci ha lasciato a fine 2010 ed è stato sostituito dall’altrettanto bravo Henry Vasquez. Chi ha ammirato dal vivo la band negli ultimi anni (la reunion è del 2009) sa quanto stravizi, cattive abitudini e follia totale del duo Chandler-Weinrich non ne abbiano intaccato il talento musicale, il carisma e la capacità di trasportare in un mondo a parte, fantasmagorico e dannato, oppressivo e magico. Qualcuno storcerà il naso per la durata decisamente esigua del lavoro, 34’ e spiccioli con sole cinque canzoni e un paio di strumentali a fare da contorno, dimenticandosi che tendenzialmente i minutaggi degli album passati questi erano. Appurato che stilisticamente è il tradizionalismo ad imperare, urge constatare se i pezzi reggano la prova col glorioso passato.

“Let Them Fall” è una compassata litania, la gracchiante voce nasale di Wino si erge su uno scheletro ritmico lineare, mentre Chandler sviscera le possibilità espressive della sei corde, indulgendo in riff allungati, tremolanti, talmente crudi e poco rifiniti da credere che arrivino da una performance live, non da meticoloso lavoro in studio di registrazione. La successiva “The Bleeding Ground” ha i suoi momenti topici nei botta e risposta tra chitarra e voce nel bridge, con le vocals di Wino a insinuarsi nella pause concesse da Chandler, e si fa notare per un refrain abbastanza memorizzabile, seppure drogato e maligno. Il meglio però arriva in fondo, con un assolo infinito di Chandler che lascia muovere spiritato le dita sulle corde, ricavandone dei wah-wah impazziti.

La strumentale “Vertigo” fa sfogare completamente le abilità del nostro eroe, prima di essere stesi dal pezzo più diretto e movimentato, “Blessed Night”; i riff si fanno incalzanti e gli altri strumentisti seguono a ruota, confezionando un pezzo heavy semplice e ficcante, che sarebbe stato benissimo in “Vol.4” dei Black Sabbath. Le ultime due tracce cantate confermano in pieno la sempiterna vena del combo; splendide dilatazioni in odore di psichedelica spezzano fraseggi nero pece, figli di un hard rock che ha perso ogni aspetto positivo ed è stato intossicato,  avvelenato e imbottito di stupefacenti fino a diventare una matassa macilente. “Dependence” è il top della release, summa delle negatività annidate nell’animo umano, rese qui manifeste da un’ordalia di spirali chitarristiche e infine sublimate in uno stacco centrale da urlo e in una delirante esplosione chitarristica, tanto impetuosa e fuori logica da divenire terrificante. “Withdrawal” è un altro saggio di quello che Chandler sa tirar fuori dal suo strumento, e serve a dare un’ultima pennellata di vernice nera/violacea alla release. L’essere datati, antichi e anacronistici è la forza dei Saint Vitus, che hanno tali doti di songwriters da potersi permettere un immobilismo sonoro altrimenti suicida. Invece Lillie-F 65 è qui a dimostrare che i Signori del doom sono ancora ben lungi dall’abdicare e possono confrontarsi senza timore con gli ensemble loro discepoli.

  • 8/10

  • SAINT VITUS - Lillie: F

  • Tracklist
    01.Let Them Fall
    02.The Bleeding Ground
    03.Vertigo
    04.Blessed Night
    05.The Waste Of Time
    06.Dependence
    07.Withdrawal

  • Lineup
    Scott “Wino” Weinrich – voce 
    Dave Chandler – chitarra 
    Mark Adams – basso 
    Henrry Vasquez – batteria