Tanto zozzo quanto bello. Se dovessi sintetizzare in una sola espressione il quarto album dei Solitaire, userei questa. E’ un disco, Predatress, che sfugge alla logica per la quale un album dovrebbe essere curato nei minimi particolari, estremamente professionale nella veste grafica e musicale, contornato da prestazioni strumentali impeccabili, equilibrato negli elementi in gioco, sufficientemente vario e composito. Qua la situazione è un po’ diversa: l’attenzione per il dettaglio viene giustamente sacrificata al puro impatto e al desiderio di distruzione dei metallers finlandesi, quattro diavoli che maneggiano i loro strumenti col solo desiderio di far più male possibile, con note sparate all’impazzata a tutto volume.
Lasciati al palo dal precedente singer, i fini dispensatori di note finnici, dopo tre release all’insegna dello speed metal più crudo che possiate trovare in circolazione, non si sono scoraggiati più di tanto e hanno girato al microfono il buon Riku, che è rimasto comunque anche nel suo ruolo di chitarrista, mantenendo intatta la miscela sonica che ne aveva fatto in passato una piccola leggenda dell’underground: tempi sparatissimi, chitarre a mitraglia, suoni grezzi ma talmente conturbanti nel loro essere carichi di energia da far meditare tutti quelli che spendono ore e ore, e piccioli a pioggia, per trovare il sound ottimale, spesso mancando l’obiettivo. La ricetta per costruire un grande album è, in questo caso, di una semplicità disarmante: ogni song viaggia a mille all’ora per tutta la sua durata, non ci sono rallentamenti, non uno, potreste quasi pensare al disco come a un’unica tirata, dove ogni traccia è saldata alla precedente e alla successiva senza soluzione di continuità. Un atteggiamento no-compromise esaltato da un duellare di chitarre tra i più esaltanti sentiti da un bel po’ di tempo a questa parte e da vocals sgraziate ma calzanti a pennello per un tale olocausto.
In casi come questi, a coloro che non conoscono la band o il genere trattato, viene da chiedersi che senso abbia un album di tal fatta; non ci sono ragioni veramente adeguate, a rigor di logica, per spingere qualcuno verso Predatress. Ce ne sono molte, invece, se andiamo a toccare le corde emotive più insane del metallaro, che sono poi quelle che contano. I Solitaire, nel loro sound vecchio quanto il metal, ci mettono uno spirito e degli schemi di composizione devastanti come pochi altri, inanellando in serie suggestioni che fanno venire in mente, a seconda del feeling del momento, gli Slayer di Show No Mercy, gli Iron Maiden di Killers, in generale tutto il metal inglese e americano degli anni in cui queste due scene si stavano plasmando. Stessa urgenza espressiva, stessa noncuranza per l’estetica, un magnetismo figlio della passione pura e indomita di quegli anni.
E’ vero, è difficile distinguere nitidamente un brano dall’altro in Predatress, ma è ancora più difficoltoso sentire questo disco mantenendo aplomb e sobrietà. Che abbiate o meno autocontrollo, al termine dell’ascolto non potrete che urlare “I’m a Schizo, and so am I”.
SOLITAIRE – Predatress
SOLITAIRE - Predatress
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Tracklist
01. By the Dividing Stream
02. From Afar
03. Twilight Tavern
04. Heathen Throne
05. Elusive Reaches
06. Stone Cold Metal
07. Smoking Ruins
08. Tumman Virran Taa
09. The Longest Journey (Heathen Throne Part II)
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Lineup
Petri Lindroos - Voce death,
Markus Toivonen - Chitarra, Cori
Sami Hinkka - Basso, Cori
Janne Parviainen - Batteria
Emmi Silvennoinen - Tastiere
- GenereFolk Metal
- Anno2009
- Casa discograficaSpinefarm Records
- Websitehttp://www.ensiferum.com/