I milanesi Soul Takers ci regalano il loro nuovo disco “Flies in a jar”, prodotto da Dragonheart records e registrato ai blasonati New Sin studio di Luigi Stefanini.
Si tratta, già come il debut precedente, di un lavoro particolarissimo a cavallo fra tinte prog e classiche con una leggera coloritura power che non guasta mai e la presenza del pianoforte e del violino contribuisce a creare un’universo sonoro drammatico, romantico e decadente molto affascinante.
Le tinte non sono così fosche come in “Tides” soprattutto grazie anche alla ricerca di linee vocali raffinate ma un filino più orecchiabili, che donano sicuramente più appeal al plattern rispetto al debut album (anche grazie a delle backing vocals femminili).
Da evidenziare la prova di Dino Brentali alla voce che, su linee melodiche efficaci e spesso difficilissime, ci regala un saggio di padronanza e controllo della voce e di cosa vuol dire per un cantante sfruttare tutta la propria estensione vocale sia verso il basso sia verso note acutissime come il maestro Tate insegna.
Heaven’s Pillars si apre con il piano e la voce sugli scudi e i gorgheggi di Dino in certi passaggi qui ricordano molto da vicino il signor Michael Kiske e sentire assoli di pianoforte in un pezzo metal direi che non capita certo tutti i giorni!!!
Con Icon si alza un po’ il tiro arrivando a unire thrash e classica in un post-ritornello azzeccatissimo.
Belied è uno delle punte di diamante del disco e si distingue da subito per un lirismo ed una teatralità esagerati e per il refrain immediato ed il bel giro di piano che fa da culla per tutto il pezzo.
Staring Eyes è terreno fertile per Dino che gioca su registri medio-bassi nella parte inziale per poi arrivare in crescendo al ritornello di un pezzo dal testo che mi è piaciuto particolarmente.
The Chasm estrinseca il “Soul Takers pensiero” culminando in un ritornello ed in un solo tanto tragici quanto belli e raffinati.
Thin Walls prosegue il discorso romantico/decadente del pezzo precedente mentre The Silen Empire si annuncia da subito come un’altra gemma di rara bellezza che brilla di luce purissima e che stupisce per quanto sia lontana anni luce da tutte le banalità del pop (e anche perchè no, del metal) a cui siamo normalmente abituati; non sfigura affatto se accostata a certe cose dei Queensryche periodo Promised Land.
My silent Shell commuove per il tema di violino e il successivo ingresso del piano, senza contare la linea vocale e la prestazione di Dino che sul ritornello spara fiammate in zona DO di petto.
Floating è sorretta da un lavoro di chitarre e pianoforte notevole e ancora Dino disegna alte linee vocali raffinate e tecnicamente impegnative,mentre la successiva Chasing Cluods è un’affresco tenue e malinconico che ci prepara alla difficile prova finale dell’acustica Another World impreziosita, da un sax soprano e dal violino. E’ la stoccata finale su cui Dino ancora una volta fa uso di tutta la sua teatralità e la tua bravura per amalgamarsi con la struggente musica sottostante che ha il coraggio di essere qualcosa di talmente bello da arrivare tanto in profondità da toccare corde e sensazioni dell’anima solitamente sopite.
in questa ultima frase c’è il limite (ma che è poi anche un pregio) della musica dei Soul Takers: fare musica troppo raffinata, troppo bella e troppo emozionante. E’ qualcosa di raro oggi dove il consumismo influenza anche le scelte musicali.
Come testimonia ogni nota di questo Flies, i cinque hanno una preparazione tecnica enorme ed una esperienza da strumentisti di lunga data.
Il Cd scorre uniforme che è una bellezza e dopo diversi ascolti ve lo ritroverete in heavy rotation nel car stereo, ma i margini di miglioramente per arrivare a scrivere qualcosa che potrebbe diventare un vero e proprio capolavoro ci sono e vanno ricercati nell’innestare su quanto di buono è stato fatto fin ora, riff di chitarra a profusione,cosa di cui se ne sente la mancanza per “alleggerire” un po’ l’atmosfera generale.
Rispetto allo stampo prog/power di altri act italiani, per ora più blasonati, qui il prog non è mai fine a se stesso scacciando il fantasma del “già sentito” che troppo spesso aleggia su chi fa prog/power e inevitabilmente finisce per ricalcare i trend e lo stile di band d’oltreoceano.
Qui è tutto funzionale all’atmosfera personale creata dai Soul Takers che è già riconoscibile fra mille altre band nostrane e non.
come pure la voce di Dino che già da del tu alle voci dei più famosi cantanti metal stranieri dell’ultimo decennio.
Non abbiate dunque timore di farvi prendere l’anima da un’album di musica superiore alla media come questo Flies in a Jar.