Ho sempre ritenuto i Tankard geniali; al di là del concetto prettamente musicale che ovviamente vale l’80% del prodotto, la band tedesca innesca delle trovate commerciali (dai titoli alle copertine) che li rendono unici e inarrivabili. Qualsiasi altra band affrontasse certe argomentazioni prolisse o sfoderasse un artwork sui generis, finirebbe prima in classifica nella pacchianeria.
Gerre e soci invece no: forse perché loro non ‘interpretano’ questo ruolo, loro sono così! E benchè la band arrivasse da due dischetti piuttosto scialbini (“Thirst” e soprattutto “Vol(l)ume 14”) che ne hanno abbassato l’attenzione dedicata, la Nuclear Blast ha deciso di scommettere sul loro rilancio che, appunto, prende il nome di “A Girl Called Cerveza”. Il nuovo album sa di sfida dall’inizio alla fine, a 360°…Si parte, innanzitutto, con un lavoro di consolle che (pur non essendo a livelli eccelsi) valorizza il thrash del quartetto, riuscendo ad essere polveroso ma allo stesso tempo definito. I suoni sono caldi e abrasivi, grazie ai quali la voce di Gerre riesce a cesellare le migliore linee vocali della propria carriera.
Le performance sono equilibrate e precise mentre il songwriting riparte dagli ultimi lavori cercando di far intervenire il glorioso passato in aiuto: come risultato abbiamo riff grintosi e impattanti, sorretti da una sezione ritmica che non si risparmia (anche se ‘certe’ velocità non vengono raggiunte); da sottolineare anche la presenza di Doro Pesch in veste di guest in “The Metal Lady Boy”, come sempre perfetta e graffiante!
Sbranatevi dal ridere in tutte le dieci tracce di questo platter, date le lyrics, ma prestate un orecchio attento a capitoli come la titletrack (erano anni che i Tankard non sfornavano un brano così), “Running On Fumes” e “Metal Magnolia”, senz’altro i momenti più azzeccati dell’intero platter (oltre alla succitata “The Metal Lady Boy”). Apprezzabili anche “Witch Hunt 2.0” e “Son Of A Fridge”, che sotto palco qualche vittima riusciranno a farla, mentre il resto è un apprezzabile riempitivo che non toglie ne aggiunge alcunchè.
Sembra che questo sia l’anno dell’orgoglio thrash metal, visti i livelli delle uscite dei maestri sacri (chi ha detto Testament e Fear Factory?). I Tankard si aggiungono dignitosamente a questo cerchio ristretto, non sfigurando ma dando una severa lezione di umiltà a quelle nuove leve che si investono del titolo di ‘thrash masters’.