La cattiveria non è una scelta, bisogna averla in corpo per riuscire a propinarla attraverso canali artistici; che sia di origine caratteriale o grazie alle difficili esperienze vissute, chi sa realizzare dischi ‘cattivi’ fin nel profondo dell’inconscio sa di non doversi basare su velocità o rudezza esclusivamente, ma che il vero risultato lo si ottiene forgiando un sound da paralizzare le gambe.
Ed è questo che fanno i The Lion’s Daughter fin dal 2007…caleodoscopici interpreti di generi vari, nel loro songwriting la facilità con cui si attraversano universi sonori come il grind o il doom fa quasi impressione; il risultato è un’avventura nell’abisso più nero, dove sembra non esservi fine alla violenza. I tre americani prendono spunto principalmente da strutture groovy e poco articolate in modo da cementare parti gravi e tonanti dove basare i latrati marci e putrescenti di Rick Giordano.
La produzione è oscura e pressante come un film dell’orrore, imperniata su una resa angosciante delle parti ritmiche in particolare. I suoni sono freddi e pungenti mentre le performance denotano una capacità espressiva mirata all’esplosione della bomba. Il mixing rimane minimale e poco curato, in modo da creare maggiore confusione, mentre il mastering pompa a 360° l’inferno sonoro generato dai tre statunitensi.
Per affrontare questo “Existence Is Horror” è necessario fare una premessa: qui non si sta parlando di un disco diretto e fruibile ma di un platter deforme che richiede numerosi ascolti. “Phobetor” è solo l’ascensore che vi accoglie sinuoso mentre da “Mass Green Extinctus” in poi non vi sarà più pace per nessuno; strutture serrate al limite, batterie lancinanti e vocalizzi psicotici li troverete in “Nothing Lies Ahead”, “Four Flies” e “A Cursed Black End”, mentre più velocità e pathos vi fonderanno le orecchie in passaggi come “Dog Shaped Man” e “The Fiction In The Dark”. Infine, il binomio conclusivo “They’re Already Inside” e “The Horror Of Existence” farà la felicità di chi ama abbandonarsi al lato violento della musica senza alcuna misura di sicurezza.
In conclusione i The Lion’s Daughter hanno capito cosa vogliono e come intendono diffonderlo sul globo terraqueo; un disco coraggioso, specie in un momento in cui si fa a gara in velocità e consolle, che sa regalare un pathos nero e bastardo in modo onesto e passionale.