La Frontiers negli ultimi anni si sta assestando come la ‘major’ dell’hard rock per eccellenza. Il roster è impressionante (contempla gente come Whitesnake, Yes e Uriah Heep tra gli altri) e le uscite risaltano sempre per il livello garantito, sia dagli act nuovi che da quelli ‘storici’ che a suon di reunion riescono a sfornare capitoli ancora interessanti.
Non escono da questo schema anche i Tyketto, storica formazione degli anni 90 dedita a una forma di rock melenso, a tratti sfociante nell’hard rock puro e a tratti sfumante in contesti AOR commerciali. La formazione in campo è quella storica che ha forgiato lavori come “Don’t Come Easy” e “Strenght In Numbers”, ovvero con il rientro di mr. Danny Vaughn, ugola d’oro capace di trasformarsi secondo le necessità delle strutture.
In ambito tecnico, “Dig It Deep” rispetta tutti i canoni del genere, con una produzione calda e ariosa, dei suoni rotondi e potenti e delle performance di tutto rispetto. Se vogliamo, questo come back lascia l’amaro in bocca solo per come sono strutturate le songs…si parte in quarta con l’accoppiata “Faithless” e “Love To Love”, songs dal carattere forte e deciso, con assoli davvero indovinati e pregevoli. “Here’s Hoping It Hurts” tiene ancora il tempo in maniera decisa, ma da “Battle Lines” fino a “Monday” assistiamo ad una serie di power ballad più o meno azzeccate, che qualche sbadiglio lo strappano…la title track e la successiva “Sound Off” riemergono e fanno apprezzare ancora qualche spaccato di puro hard rock, mentre la successiva “Let This One Slide” non riesce a decollare apparendo trascurabile. Chiude l’apprezzabile lentone “This Is How We Say Goodbye”, che si spegne silenziosamente.
I Tyketto sanno creare grande musica e anche nei passaggi più prolissi riescono ad apparire professionali. Purtroppo qualche episodio poco stimolante fa scendere il valore del platter, e non di poco. Bentornati tra noi ma niente più passi falsi, ok?